Istat: mai così tanti ultracentenari in Italia, nel 2023 sono 22mila | Donne e lavoro, il nostro Paese maglia nera Ue
Il rapporto segnala anche le difficoltà per i giovani e i salari inferiori alla media Ue. E anche se cresce la consapevolezza dei problemi ambientali, abbiamo più auto di tutti gli altri europei
L'Istat segnala un record di ultracentenari, che il primo gennaio 2023 in Italia erano 22mila: numero mai visto nella storia del nostro Paese. Duemila in più rispetto all'anno precedente, secondo il rapporto annuale dell'Istituto di statistica gli italiani che hanno superato il secolo di vita sono in gran parte donne (oltre l'80% del totale). Gli scenari demografici prevedono nei prossimi un forte aumento dei cosiddetti "grandi anziani": nel 2041 gli ultraottantenni supereranno i 6 milioni e gli ultranovantenni saranno circa 1,4 milioni.
La popolazione invecchia In generale, rileva l'Istat, nel nostro Paese prosegue il processo di invecchiamento della popolazione: l'età media è salita da 45,7 anni a 46,4 anni tra l'inizio del 2020 e l'inizio del 2023 nonostante l'elevato numero di decessi di questi ultimi tre anni soprattutto a causa del Covid (oltre 2 milioni e 150mila, di cui l'89,7% riguardante persone over 65).
Risale la speranza di vita (ma solo per gli uomini) Nel 2022, inoltre, la stima della speranza di vita alla nascita è di 80,5 anni per gli uomini e 84,8 anni per le donne: solo per i primi si nota, rispetto al 2021, un recupero quantificabile in circa 2 mesi e mezzo di vita in più. I livelli di sopravvivenza del 2022 risultano ancora al di sotto di quelli del periodo pre-pandemico, registrando valori di oltre 7 mesi inferiori rispetto al 2019, sia tra gli uomini, sia tra le donne.
Donne e lavoro, Italia maglia nera Quello tra donne e lavoro, secondo il rapporto Istat, è un binomio ancora difficile. La crescita dell'occupazione femminile nel nostro Paese è stata quasi costante (interrotta soltanto dai periodi di crisi: nel 2022, rispetto al 2004, il numero di donne occupate è aumentato di quasi un milione, a fronte di una riduzione di 154 mila uomini, e l`incidenza delle donne sugli occupati è salita dal 39,4 al 42,2 per cento. Nonostante questi progressi, il divario con la media Ue27 (46,3%) rimane ampio. L'Italia resta così, insieme a
Malta e Grecia, uno dei paesi europei con la più bassa componente femminile nell'occupazione.
Situazione peggiore per le madri La partecipazione delle donne al mondo del lavoro è peraltro molto legata ai carichi familiari, alla disponibilità di servizi per l'infanzia e la cura, ai modelli culturali: nel 2022 il tasso di occupazione delle 25-49enni è l'80,7% per le donne che vivono da sole, il 74,9% per quelle che vivono in coppia senza figli, e il 58,3% per le madri. Il divario a sfavore delle madri rispetto alle donne senza obblighi familiari si riduce però sensibilmente per le donne con un più elevato titolo di studio. Per le laureate, il tasso di occupazione è superiore al 70% indipendentemente dal ruolo svolto in famiglia.
I giovani in difficoltà: 1,7 milioni di Neet Gli indicatori del benessere dei giovani, secondo il rapporto Istat, sono ai livelli più bassi in Europa: nel 2022, quasi un ragazzo su due tra 18 e 34 anni (4 milioni e 870mila persone) ha almeno un segnale di deprivazione. Inoltre circa 1,7 milioni di giovani, quasi un quinto di chi ha tra 15 e 29 anni, fa parte dei Neet: non studia, non lavora e non è inserito in percorsi di formazione. La quota di Neet è comunque calata fino a tornare a un livello prossimo al minimo del 2007, ma resta sopra la media Ue di oltre 7 punti e più bassa solo di quella della Romania.
La trappola della povertà passa di padre in figlio In Italia, secondo il rapporto Istat, la "trappola della povertà" è più intensa che nella maggior parte dei paesi dell'Unione europea e sta aumentando più che altrove, a confronto con il 2011. Quasi un terzo degli adulti (tra 25 e 49 anni) a rischio di povertà proviene infatti da genitori che, quando erano 14enni, versavano in una cattiva condizione finanziaria. Gli ultimi dati disponibili, relativi al 2019, indicano in Italia il valore più alto tra i principali paesi europei e nel complesso dell'Ue inferiore solo a quello di Bulgaria e Romania.
Salari inferiori alla media Ue di 3.700 euro A questo contribuisce anche il fatto che i lavoratori italiani guadagnano circa 3.700 euro l'anno in meno della media dei colleghi europei e oltre 8mila euro in meno della media di quelli tedeschi. La retribuzione media annua lorda per dipendente è pari a quasi 27mila euro, inferiore del 12% a quella media Ue e del 23% a quella tedesca, nel 2021, a parità di potere d'acquisto. Tra il 2013 e il 2022, secondo l'Istat, la crescita totale delle retribuzioni lorde annue per dipendente in Italia è stata del 12%, circa la metà della media europea: il potere di acquisto delle retribuzioni, negli stessi anni, è sceso del 2% (+2,5% negli altri paesi).
Più consapevolezza sull'ambiente Secondo il rapporto Istat, la popolazione esprime sempre maggiore attenzione e consapevolezza dei problemi ambientali: nel 2022 oltre il 70% degli italiani considera il cambiamento climatico o l'aumento dell'effetto serra tra le preoccupazioni prioritarie. E alcune delle azioni messe in campo per attenuare l'impatto dell'uomo sull'ambiente "hanno avuto esiti positivi", spiega l'istituto: in particolare vengono segnalati il calo delle emissioni di gas serra che nel 2019, prima della battuta d'arresto dovuta alle
misure anti-Covid, erano il 24% in meno rispetto al 1990. "L'Italia è tra i cinque paesi Ue27 che forniscono il contributo maggiore a tale riduzione", sottolinea il testo. Passi avanti ci
sono anche sull'inquinamento dell'aria che ha registrato un miglioramento e nell'espansione dei boschi e delle aree protette, sia terrestri sia marine.
Ma non si rinuncia all'auto Secondo il rapporto, nel 2021 circolavano in Italia 39,8 milioni di autovetture, 673 ogni mille abitanti. Tra i paesi Ue, soltanto Polonia e Lussemburgo superano questo valore pro capite, che nelle altre maggiori economie dell'Unione si attesta su livelli molto più bassi (583 in Germania, 571 in Francia, 525 in Spagna). Del resto, l'Istat ricorda che circa un terzo delle famiglie è insoddisfatto dei trasporti pubblici: prima della pandemia, nel 2019, il 33,5% dichiarava molta o moltissima difficoltà di collegamento nella zona in cui risiede. Al tempo stesso, rimane elevata la quota di coloro che usano abitualmente il mezzo privato per raggiungere il luogo di lavoro (74,2%) e rimane bassa la quota di studenti che usano solo i mezzi pubblici per recarsi al luogo di studio (28,5%).
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