Torino, bimbo martoriato e ridotto in fin di vita dal patrigno: costretto a mentire anche in ospedale
Arrestato il compagno della madre per tentato omicidio. Dopo l'ultima aggressione i medici, per salvare la vita al bambino, avevano dovuto asportargli 30 centimetri di intestino
Veniva picchiato sistematicamente dal patrigno, martoriato, e poi costretto a mentire anche in ospedale attraverso false promesse e tecniche manipolatorie per insabbiare le percosse. Sono alcuni dei dettagli delle violenze subite da un bimbo di sei anni di Torino che hanno portato all'arresto del compagno della mamma. Dopo l'ultima aggressione il bambino era stato salvato con un intervento d'urgenza all'ospedale Infantile Regina Margherita, nel gennaio del 2022. I chirurghi gli avevano dovuto asportare 30 centimetri di intestino.
Le motivazioni del giudice - In 36 pagine, il giudice ha ricostruito le crudeltà subite dal bambino e dalla madre tra il 2021 e il 2022. "Ha martoriato il corpo del piccolo - si legge - e a fronte della grande sofferenza del bambino, non lo ha nemmeno portato al pronto soccorso, minimizzando e nascondendo i fatti". Solo dopo un episodio quasi mortale le violenze sono state denunciate. "Il 14 gennaio dello scorso anno - scrive il gup - dopo essere rientrata dal lavoro, la donna ha trovato il figlio a letto, dolorante e incapace di alzarsi: il patrigno lo aveva preso a pugni nello stomaco perché aveva vomitato in auto. La donna ha chiamato l'ambulanza e il bambino è stato portato all'ospedale Regina Margherita di Torino. Solo l'improvvisa presa di coscienza della madre e soprattutto l'intervento chirurgico hanno evitato la morte", ha sottolineato il gup. Inizialmente però, terrorizzata dal compagno, anche la madre mente ai medici dicendo che è caduto dalle scale".
Il bambino costretto a mentire - Le intercettazioni ambientali catturate in ospedale dicono che la madre faceva costantemente pressione sul figlio a dire che era caduto e che papà era bravo. Durante una videochiamata anche il patrigno manipola il ragazzino: "Sai perché se tu dici…. ti portano via e non vedrai mai più né mamma né nonna… ti portano in un posto lontano", gli diceva, per poi promettergli regali e gite, a patto di non parlare delle violenze: "Vengo e ti porto i giochi…. Ti prometto che non lo faccio mai più… appena esci vai da nonna, vai al mare".
I dubbi della psicologa - Il piccolo obbedisce e a colloquio con la psicologa conferma di essere caduto ma la dottoressa evidenzia nella relazione che il bambino è "annichilito" e "nonostante il dolore e il pianto, non si lamenta e non tenta di allontanare da sé stimoli che gli creano dolore o frustrazione". Il bambino si è poi aperto con la psicologa, raccontando di pugni e docce fredde usate come punizione.
La testimonianza delle maestre - L'impressione di "un bambino abbandonato a se stesso" era stata anche testimoniata, a posteriori, dalle maestre che avevano notato lividi, atteggiamento rinunciatario e spaventato, vestiti "non consoni" e, nell'ultimo periodo, i suoi occhi che si chiudevano all'improvviso: "Si addormentava di continuo". I segnali preoccupanti sono stati confermati anche dalla zia, a cui il piccolo aveva detto: "Devo mangiare tanti spinaci, così diventerò più forte di lui e potrò dargli un pugno".
La condanna per tentato omicidio - "Si tratta - scrive il giudice - di molteplici episodi di aggressioni e violenze fisiche e psicologiche, frutto di una personalità violenta e autoritaria, perpetrati ai danni della madre e del bambino. Una drammatica progressione nella quale la vittima è soprattutto il minore, fino all'ultima condotta che, solamente per cause non dipese dalla volontà dell'autore del reato, non ha portato alla morte del bambino".
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