"Se fosse viva, oggi Luana avrebbe 25 anni. Non vedeva l'ora di arrivarci. Diceva che li avrebbe festeggiati più che i 18, perché è l'età più bella della vita. Ho fatto fare una torta, ma è una ricorrenza triste". Emma Marazzo è la mamma di Luana D'Orazio, la ragazza morta stritolata dentro un orditoio, una macchina per la filatura dei tessuti, in un'azienda di Montemurlo, in provincia di Prato, il 3 maggio del 2021.
“Mia figlia era nata il 30 giugno”, dice, “so che in questi giorni in tanti la ricordano grazie a una iniziativa sui social network organizzata dal suo fidanzato. Ma non voglio che Luana diventi il simbolo delle morti sul lavoro, preferisco che venga ricordata come l'emblema della sicurezza. Per questo porto avanti una battaglia per fare in modo che quello che le è accaduto non succeda a nessun altro. Rivolgo un appello alle istituzioni: bisogna introdurre il reato di omicidio sul lavoro. E fare in modo che le vittime abbiano giustizia”.
Luana l'ha avuta?
“No, bisogna riformare la legge sulla sicurezza nel lavoro. Raccoglierò le firme per presentare una legge in Parlamento. Non è possibile che, per la morte di mia figlia, alla ditta sia stata fatta una multa di sole 10.300 euro. Il nostro non è l'unico caso, siamo di fronte a un sistema che non funziona”.
Il processo per la morte di sua figlia è chiuso?
“Resta la causa contro il manutentore. È stata fissata la prima udienza. Lui, però, dice che non c'entra niente con quello che è successo a mia figlia, perché il suo compito era solo quello di fare manutenzione. Che non è stato lui a manomettere l'orditoio”.
Che cosa è accaduto a Luana?
"Un incidente terribile. Quel giorno era il mio compleanno. Lei aveva trascorso il weekend dal suo fidanzato, Alberto. La mattina ha telefonato a casa: “Mamma, prepara un tiramisù, più tardi festeggiamo”. Intorno all'ora di pranzo ho messo l'acqua sul fuoco. È suonato il citofono. Sono andata ad aprire e ho visto due carabinieri. Mi hanno chiesto se ero la mamma di Luana. Ho pensato a un incidente stradale. Ma erano le 13.40, ho detto loro: 'Mia figlia sta lavorando'. Mi hanno risposto: 'Dobbiamo comunicarle la notizia'. Ho capito, ho urlato, è accorso mio marito”.
Luana si era mai lamentata delle condizioni in cui lavorava?
“Circa venti giorni prima, una staffa dell'orditoio l'aveva sfiorata. Ma non immaginavamo che avessero manomesso il macchinario per aumentare la produzione. Quel giorno maledetto una staffa ha agganciato la sua maglietta e l'ha trascinata dentro l'orditoio. Ha fatto almeno quattro giri prima che fermassero il rullo”.
Che tipo era Luana?
“Solare, allegra, una ragazza semplice. Sapeva ballare, pattinare, recitare: aveva imparato da sola. Lavorava come apprendista da due anni e, nonostante la pagassero poco, era contenta perché così riusciva a mantenere Alessio, suo figlio. Era rimasta incinta a sedici anni e mezzo. Dopo il parto, si è trovata un lavoro, serviva ai tavoli di un locale, lo faceva indossando i pattini. Alessio era il suo orgoglio, viveva solo per lui”.
Oggi il bambino vive con lei e suo marito?
“Sì, è la cosa più bella che ci abbia lasciato nostra figlia. Però, non mi chiede spesso della mamma. Invece, mio figlio Luca, che è disabile, non ha mai superato il trauma. Da quando Luana non c'è più, in questa casa regna il silenzio. Lei era l'allegria, arrivava e accendeva la radio. Adorava Tiziano Ferro. Il suo fidanzato le aveva regalato due biglietti per andare a un suo concerto. Li abbiamo usati noi, lo scorso 21 giugno. Avrei voluto fare sapere a questo cantante quanto Luana lo adorasse, e che lui la ricordasse da sopra il palco. Ma non sono riuscita a fargli avere un mio messaggio. Chissà, magari un giorno verrà a saperlo e canterà per lei una canzone. Per noi sarebbe una piccola gioia in mezzo a un ergastolo di dolore”.
Gli incidenti sul lavoro in Italia sono in aumento. Nel 2022 c'è stato un incremento del 29,8% rispetto all’anno precedente. Sono morte 1.006 persone.
“Ogni volta che sento la notizia di una persona morta sul lavoro sto male. Bisogna intervenire subito. Penso anche ai ragazzini che hanno perso la vita durante l'alternanza scuola-lavoro. Non bisogna permettere che mettano le mani sui macchinari, devono imparare guardando. Serve una legge più severa, e pene certe”.