La nuova legge

La Corea del Sud sarà più giovane

Da questa settimana cambia  il sistema di calcolo dell’età, che si adeguerà a quello standard a livello internazionale

© ansa

Da mercoledì in Corea del Sud cambia ufficialmente il sistema ufficiale che calcola l'età della popolazione del paese asiatico. Il nuovo metodo si adegua a quello utilizzato in gran parte del mondo. La decisione di abbandonare i vecchi metodi di calcolo per adottare quelli standard su tutti i documenti ufficiali era stata votata dal parlamento sudcoreano lo scorso dicembre. Il comunicato stampa del governo si intitolava: "La Corea del Sud diventerà più giovane!".

I vecchi sistemi per il calcolo dell'età -

 Infatti con l’entrata in vigore del nuovo sistema tutti i cittadini risulteranno avere uno o due anni in meno. Le vecchie modalità di calcolo funzionavano in maniera molto diversa. Alla nascita i bambini risultavano avere già un anno, per poi compierli ogni primo gennaio. In questo modo alcuni bimbi coreani potrebbero avere già due anni, quando da noi invece dovrebbero compierne ancora uno. Un caso limite è quello di una persona nata in Corea del Sud il 31 dicembre, che di fatto dopo due giorni di vita avrebbe altrettanti anni. Inoltre nel paese venivano utilizzati altri sistemi di usati per calcolare l’età in cui si comincia ad andare a scuola, si può bere alcolici o si può accedere al servizio militare, e di fatto per poche altre attività. In questo caso si parte da zero al momento della nascita, per poi aggiungere un anno ogni primo gennaio. 

La promessa del governo -

 L’adeguamento al sistema internazionale di conteggio dell’età anagrafica era una tra le promesse fatte in campagna elettorale dal presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, secondo cui i sistemi tradizionali portavano "costi sociali ed economici inutili". Infatti, dalla loro entrata in vigore negli anni sessanta, sono stati diversi in passato si sono registrate diverse problematiche a livello burocratico, anche con i vaccini per il covid. Questi sistemi erano in vigore in altri stati asiatici come la Cina e il Giappone, che però li hanno abbandonati da diversi anni, per adeguarsi a loro volta a quello internazionale. 

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