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Dal piatto al riscaldamento: in Corea del Sud un sistema per riciclare il cibo

Una gestione sostenibile che trasforma gli scarti alimentari in fertilizzante, mangime e biogas. Un modo per riciclare il 90% dei rifiuti organici e combattere gli sprechi

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Il cambiamento climatico purtroppo comincia anche a tavola. Nel mondo il cibo che ogni anno finisce in discarica è sempre troppo, si parla di 1,4 miliardi di tonnellate. Un peso diventato troppo grande per il nostro Pianeta. Tra i Paesi più responsabili, però, non rientra la Corea del Sud. O almeno il Paese asiatico sembra aver trovato un modo per rendere gli scarti una risorsa sostenibile.

Qui, infatti, è stato sviluppato un sofisticato sistema di smaltimento dei rifiuti per evitare che finiscano in discarica o negli inceneritori. Scopriamo come.

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È una storia che ha inizio circa trent’anni fa. Fino al 1995 anche in Corea del Sud i rifiuti organici erano raccolti insieme a plastica e carta. Nei primi anni del nuovo millennio, però, gli odori insopportabili che provenivano da alcune discariche hanno portato i cittadini a chiedere un cambiamento. È stato così elaborato un sistema diverso, che oggi porta al riutilizzo del 90% del cibo scartato.

Ma come funziona? A fine giornata ristoratori ma anche semplici privati svuotano tutti gli avanzi in un apposito bidone esterno, che viene recuperato dalle aziende che si occupano della raccolta dei rifiuti e portato negli impianti in cui sarà processato. I pezzi più grandi come gusci o ossa vengono rimossi, mentre il resto dei rifiuti organici è triturato, fatto passare in un forno e in un essiccatoio perché perda la parte di acqua. A questo punto il vapore acqueo viene condensato e purificato, mentre i gas vengono convogliati in un sistema di raccolta di biogas. Biogas usato ad esempio per il teleriscaldamento, all’interno di un sistema centralizzato che fornisce acqua calda a migliaia di abitazioni. Quello che resta dei rifiuti è ormai una polvere simile al terriccio, che viene quindi usata come fertilizzante o anche mangime.

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Nonostante questo sistema avanguardistico, però, la missione principale resta ridurre i rifiuti nella fase iniziale. Per far sì che i coreani sprechino il meno possibile, è stata ideata anche una tariffa. Cioè si paga l’equivalente di due dollari per ogni 20 chilogrammi di cibo buttato. Con tanto di tessera individuale e misurazione quotidiana del peso del proprio bidone.

I risultati, c’è da dire, non sono entusiasmanti. Sembra infatti che gli scarti siano rimasti costanti. Tuttavia, il fatto che non siano aumentati negli anni fa ben sperare circa la buona riuscita di questo sistema. E chissà, sull’onda del successo culturale della Corea del Sud, anche il modello di gestione dei rifiuti potrebbe diventare un trend mondiale.

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