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Maturità 2023, l'ex ministro Bianchi: "Nella traccia attacco nei miei confronti"

Il commento dell'ex reggente dell'Istruzione ai tempi del Covid in riferimento al tema di attualità sulla missiva che ricevette dagli intellettuali per ripristinare gli scritti d'esame durante la pandemia

Ansa

Uno dei temi di attualità proposto per la maturità agli studenti richiama una lettera aperta inviata nel 2021 dal mondo accademico e culturale all'ex ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi, che invitava a reintrodurre le prove scritte alla Maturità. Una missiva redatta durante la pandemia di Covid. L'ex ministro, in questa traccia vede "un attacco diretto nei miei confronti e non ce ne era motivo: ho lavorato tutto l'anno, da ministro, con centinaia di docenti e milioni di famiglie per riportare i ragazzi a scuola durante la pandemia. Tra l'altro l'anno scorso la maturità è stata fatta con gli scritti. È stato fatto un errore a proporre questa traccia, anche dal punto di vista educativo. E la trovo pretestuosa dal punto di vista politico, perché vuole colpire tutti quelli che hanno lavorato per il bene della scuola", ha commentato.

"Nel 2021 - ricorda l'ex ministro dell'Istruzione - abbiamo fatto quello che era giusto e ragionevole, garantendo comunque, nonostante fossimo in piena pandemia, gli esami per tutti, come del resto ha scelto giustamente di fare quest'anno il ministro Giuseppe Valditara nelle zone alluvionate. Ho lavorato poi tutto l'anno con centinaia di docenti e milioni di famiglie per riportare i ragazzi a scuola e a giugno dello scorso anno abbiamo fatto degli esami scritti, proprio perché i ragazzi avevano potuto frequentare le lezioni in presenza, sottoponendo ai maturandi una serie di ottime tracce".

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Ecco le foto delle tracce di Skuola.net.

"Quindi oggi spingono i ragazzi a scrivere su una lettera che è stata poi contraddetta dalla realtà, un fatto inesistente, dunque. Anche dal punto di vista educativo è sbagliato, - continua Bianchi. - Quella lettera, scritta da un gruppo di persone autorevoli, non fu inviata neppure a me, formalmente non l'ho neppure ricevuta, fu mandata a un giornale".

A scegliere le tracce, precisa il ministro, "è uno staff di esperti ma c'è un'ordinanza specifica sulle tracce che firma il ministro dell'Istruzione".
 

Skuola.net: la storia dietro alle decisioni di Patrizio Bianchi   Il possibile mancato ritorno alle prove scritte nella Maturità 2022, poi non verificatosi, è oggetto di una traccia della Maturità 2023. Ecco cosa avvenne in quei mesi in cui la preoccupazione principale era fronteggiare la pandemia, garantendo la presenza degli studenti a scuola. 


Autunno 2021. La scuola italiana era ancora in piena pandemia: classi che funzionavano ancora a corrente alternata, tra mascherine, distanziamento, tamponi e dad preventiva causa quarantena dei contatti diretti. Eppure c’era qualcuno che si preoccupava per il possibile protrarsi della formula semplificata dell’esame di Maturità: un maxi-orale a partire da un elaborato scritto al posto delle due prove orali. 


Ad alimentare questa agitazione, alcune dichiarazioni dell'allora ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, intervenuto il 7 novembre a "Che Tempo che Fa". Alla domanda di Fabio Fazio sul possibile ritorno degli scritti, il ministro spiegava che la priorità fosse il ritorno a scuola in sicurezza degli studenti, confermando "un giudizio buono di quello fatto l’anno scorso. I ragazzi non hanno fatto tesine raffazzonate in effetti. Ma hanno colto questo momento di riflessione anche sulla loro condizione degli ultimi due anni". 

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Un'affermazione che lasciava sperare gli studenti sulla possibile conferma di una formula che indubbiamente li facilitava. Dall’altra, lasciava inquietare frange sempre più ampie del mondo della politica e della cultura. È in questo clima che nasce, un mese dopo, la lettera aperta al ministro firmata da alcuni intellettuali del calibro di Cottarelli, Fornero, Mannheimer, Zagrebelsky, Oliviero Ferraris. Che parlavano apertamente dell’esame di Maturità senza prove scritte come una “burletta”. 


E la politica al traino. Fu proprio Matteo Renzi, leader di Italia Viva, a opporsi pubblicamente a un replica di quanto avvenuto l’anno precedente: “Spero che si abbandoni l’idea di intervenire sull’esame di Maturità: ragazzi e professori hanno bisogno di certezze, non si può cambiare idea sull’esame a gennaio per il giugno successivo”. Sostenuto da una parte della maggioranza che sosteneva il governo Draghi. Nel biennio precedente al ministro dell’Istruzione fu affidata una delega molto ampia per modificare l’esame di Maturità sulla base delle necessità per fronteggiare la pandemia. 


Tuttavia la Maturità è un esame di Stato, normato da una legge e, come tale, per essere modificato è necessario un passaggio parlamentare. Così per la Maturità 2022 il Parlamento ha deciso di riprendere il controllo: il ministro propone, le commissioni parlamentari dispongono. A farne le spese, di nuovo, i maturandi: per effetto di questa decisione l’approvazione del regolamento definitivo arrivò praticamente a ridosso dei fatidici 100 giorni. 

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Nonostante la pandemia non accennasse a mollare la presa, il governo di allora optò per un progressivo allenamento delle quarantene e di puntare su un deciso ritorno della didattica in presenza. Presupposto poi per il ritorno a una Maturità con tanto di prove scritte, che da ipotesi si trasformò in certezza il 31 gennaio del 2022. 


Il Ministero dell’Istruzione annunciò di aver preparato le ordinanze d’esame, contemplando appunto il ritorno degli scritti. Da lì partì un lungo iter di passaggi approvativi tramite il Consiglio Superiori della Pubblica Istruzione e appunto le commissioni preposte di Camera e Senato. Che portò a qualche modifica dell’impianto originariamente previsto, anche per ascoltare le proteste degli studenti che temevamo le prove scritte. 


Alla fine si trovò un compromesso all’italiana. Prove scritte sì, ma con punteggio ridotto e formulazione della seconda prova affidata alle singole scuole. Quindi ancora una volta la Maturità era cambiata rispetto all’anno precedente e, tutto sommato, le prove scritte non resero l’esame meno “indulgente”, come auspicavano gli intellettuali firmatari dell’appello. Infatti solo lo 0,1% venne bocciato, mentre un maturando su 2 prese un voto superiore a 80/100.

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