Uccise una 21enne in Svezia nel 1995: arrestato un italiano, risolto il cold case
Svolta nel cold case di Sargonia Dankha, sparita in una città svedese 28 anni fa: la polizia ha arrestato il suo ex fidanzato italiano. Ma lui si difende: "Sono innocente"
Ci sono voluti 28 anni, ma alla fine un cold case è stato risolto. L'assassino di Sargonia Dankha, 21enne di origini irachene, ma naturalizzata svedese, ha un nome. La polizia giudiziaria di Imperia ha arrestato un italiano, Salvatore Aldobrandi, 73 anni, con l'accusa di averla uccisa in Svezia nel 1995.
Un cold case risolto dopo 28 anni Sargonia Dankha era nata il 2 dicembre del 1974. Nel primo pomeriggio del 13 novembre 1995 fu vista viva per l’ultima volta a Linköping, una città della Svezia meridionale. La sua famiglia denunciò la scomparsa. I poliziotti svedesi trovarono tracce di sangue e capelli della giovane nel bagagliaio di una Ford Escort rossa. Ne dedussero che la ragazza era stata uccisa.
Uccisa all'ultimo appuntamento Le indagini si focalizzarono sull'uomo con il quale Sargonia Sankha aveva una relazione: un italiano che in Svezia gestiva un ristorante. L'auto nella quale furono trovate le tracce ematiche era, infatti, sua. I poliziotti svedesi lo arrestarono con l'accusa di avere ucciso la ragazza durante il loro ultimo appuntamento, di averne smembrato il corpo, di averlo chiuso nel bagagliaio della macchina e di averlo poi gettato in una discarica. L'uomo, però, fu subito dopo rilasciato, poiché per la giurisprudenza svedese non si può riconoscere la responsabilità penale di un presunto omicida in mancanza del corpo della vittima.
I familiari non si sono mai arresi Uscito dal carcere, il ristoratore è tornato in Italia e si è stabilito a Sanremo. Qui si è rifatto una vita con una nuova compagna. Ora si fa chiamare Samuele. La famiglia di Sargonia Dankha non ha, però, mai smesso di chiedere giustizia. Nei mesi scorsi, tramite un avvocato di Milano ha sporto denuncia alla Procura di Imperia. A seguire il caso sono stati il procuratore capo di Imperia, Alberto Lari, e i sostituti Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi. Quest'ultimo è volato in Svezia, dove ha recuperato i faldoni delle indagini svolte dai colleghi svedesi e li ha portati in Italia, dove sono stati tradotti da un interprete su nomina della Procura. Gli inquirenti avrebbero trovato prove schiaccianti della responsabilità dell'ultrasettantenne italiano. Da qui l'accusa di omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili e la soppressione di cadavere. Ma l'uomo, che fino all'arresto ancora lavorava, non ci sta. Agli agenti ha ribadito di essere innocente.
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