Sentimenti

Coppia: la gelosia sotto la lente della scienza

Analisi di un sentimento non proprio lusinghiero, ma che ha anche un suo lato positivo

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La gelosia, secondo William Shakespeare, “è un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre”, ossia che fa strazio del cuore di chi ama e nello stesso tempo avvelena il sentimento che unisce due persone. Dato che i drammi scatenati dalla gelosia, purtroppo, a volte hanno esito tragico e riempiono tristemente le pagine di cronaca, la scienza dedica molti lavori a questo sentimento e, di recente, ha scoperto che può avere anche un suo aspetto positivo, a patto da non farsene travolgere. 

LA GELOSIA: COME FUNZIONA – Il “mostro dagli occhi verdi” si scatena quando scopriamo o immaginiamo che qualcuno possa portarci via il nostro amore. Può bastare il sospetto che il compagno sia interessato a un’altra persona, o a volte addirittura il fugace pensiero di questa eventualità, per scatenare una vera e propria tempesta emotiva, con stati d’animo che vanno dalla rabbia, alla smania di possesso fino al desiderio di annientare il partner, perché “se non posso averti io non deve averti nessuno”. La visceralità della gelosia e la frequenza con cui la si sperimenta dipende dal fatto che si tratta di un’emozione innata, con una ben precisa funzione evolutiva: ha lo scopo di conservare unita la coppia per assicurare le migliori possibilità di sopravvivenza per la prole. Anche nel mondo animale, non solo tra gli uomini, la gelosia serve al maschio per essere certo della fedeltà sessuale della partner e nello stesso tempo è utile alla femmina per garantire la stabilità del rapporto e la miglior cura possibile dei piccoli.  L’atavicità di questa emozione ne spiega in parte il carattere impetuoso e la frequenza con cui viene sperimentata. 

LA GELOSIA NEL CERVELLO – Lo studio scientifico della gelosia non ha uno scopo accademico, ma punta a individuare, se possibile, i soggetti a rischio e prevenire le situazioni di pericolo, in cui si compiono i ben noti atti di violenza, come stalking e, al limite, femminicidio e suicidio. Ad esempio, è ormai noto che un attacco di gelosia è un vero e proprio terremoto chimico che si scatena in un’area del cervello chiamata corteccia prefrontale ventromediale, la quale nei primati si attiva quando si devono prendere decisioni ed elaborare informazioni che riguardano il futuro.  Come ha rivelato uno studio del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa, nel cervello della persona gelosa si attiva una maggior produzione di dopamina, un ormone dello stress, che di solito, anche in presenza di situazioni difficili, è bilanciato da altre sostanze capaci di mantenere il soggetto nella sfera dell’autocontrollo e del comportamento razionale. Nel caso della gelosia, invece, l’eccesso di dopamina determina uno stato di alterazione e di perdita di controllo tale per cui anche un dettaglio di pochissimo rilievo porta al sospetto o alla certezza del tradimento.  Per scoprire perché la gelosia possa scatenare la violenza, poi, gli scienziati del California National Primate Research hanno analizzato i comportamenti di alcuni primati, le scimmie Titi, che come noi umani vivono legami monogami e permanenti. Dopo aver simulato tra gli animali una situazione stressante, dividendo alcune femmine “sposate” dai compagni e mettendole accanto a maschi sconosciuti, gli studiosi hanno osservato i comportamenti dei “mariti” gelosi” e li hanno poi sottoposti a scansione cerebrale. I maschi “traditi” hanno mostrato un aumento dei livelli di testosterone e di cortisolo, l’ormone dello stress, accompagnato da una maggiore attività della corteccia cingolata, la regione del cervello che, negli esseri umani, è legata all’esclusione sociale. Gli scienziati hanno notato anche una contemporanea maggiore attività del septum laterale, area in cui risiede il comportamento aggressivo. In un’altra indagine di qualche anno fa la risonanza magnetica ha mostrato che la gelosia nasce in aree cerebrali diverse nelle donne e negli uomini, un indizio che potrebbe spiegare perché le donne sono meno inclini allo stalking rispetto ai maschi.

LE TRE GELOSIE – Lo studio dell’Università di Pisa ha messo anche in luce il fatto che esistono tre tipologie di gelosia: la prima è chiamata “reattiva” ed è quella che si scatena di conseguenza a un effettivo abbandono e si manifesta soprattutto con tristezza, rabbia, paura. Il secondo tipo è la gelosia ossessiva: è un sentimento eccessivo che spinge a cercare continuamente nuove prove di tradimento, ad esempio passare al setaccio i device del partner, o spiarlo: è un sentimento deviato e disturbante, ma non pericoloso.  Il terzo tipo è la gelosia delirante, un fenomeno clinico in parte psichiatrico e in parte neurologico che può manifestarsi in disturbi alcuni disturbi psichiatrici come la schizofrenia, ma anche nel caso di malattie neurodegenerative come l’ictus, il Parkinson, l’Alzheimer e alcune forme di demenza. Può insorgere anche a seguito della somministrazione di farmaci specifici per quel disturbo, che stimolano una maggior produzione di dopamina. La gelosia delirante insorge quando il soggetto vive una supervalutazione del rapporto, considerato l’unica cosa importante nella vita, o un’interpretazione aberrante dei comportamenti, pensieri, sentimenti del partner, o ancora la convinzione che la fine del rapporto sia una catastrofe completa. Da questi vissuti, spesso, si scatenano comportamenti aggressivi.

MA C’È ANCHE UN LATO BUONO – La gelosia, lo abbiamo detto prima, secondo la teoria evoluzionista è uno dei sentimenti che contribuiscono a garantire la sopravvivenza della specie. Ma, entro certi limiti e “a piccole dosi” può essere considerata un fatto positivo anche per altre ragioni e le torture suscitate dalla gelosia possono essere utili.  Le emozioni, anche quelle negative, possono essere sondate, esplorate e poi lasciate andare. La gelosia può stimolarci a focalizzare i nostri obiettivi e a dialogare di più con il nostro partner. E alla fine, se proprio il dolore e il risentimento sono insopportabili, può spingersi a troncare una relazione tossica e spingerci alla ricerca di un legame finalmente fondato sulla fiducia.