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Francesca Ammaturo: "Le mie borse sono la mia storia, la mia fatica, il mio sudore, i miei sacrifici"

Francesca Ammaturo, fondatrice di Label Rose, racconta la sua storia a Tgcom24

di Carlotta Tenneriello

Francesca, so che sei giovanissima, quasi una bimba…
Ho compiuto da poco 28 anni. Direi che sono una giovane donna, in realtà! Proprio in occasione del mio compleanno, ho realizzato una capsule collection delle mie borse in otto tonalità di rosa, il mio colore preferito. Sono andate a ruba, una bella soddisfazione.

Sei campana di origine, ma Napoli l’hai lasciata molto presto.

Ho un passato da danzatrice classica. A 14 anni vinsi una borsa di studio per frequentare un anno all’Accademia Nazionale di Danza di Roma quindi cambiai città e mi trasferii nella Capitale. Non fu facile, anche perché nel frattempo frequentavo il liceo artistico, ma di sicuro estremamente interessante e formativo.

Anche Roma però è stata solo un passaggio.
Dopo quell’anno, vinsi una nuova borsa di studio e mi trasferii a Dresda, in Germania. Avevo 15 anni e ci rimasi fino ai miei 18. Imparai il tedesco e l’inglese naturalmente, anche perché nel frattempo frequentavo la scuola, tanto che ho conseguito anche il Bachelor of Art, una laurea a tutti gli effetti.

Quando hai deciso di lasciare la danza?
La mia carriera da danzatrice aveva preso il volo e dopo aver fatto diversi provini in giro per l’Europa, ottenni un contratto nella Repubblica Ceca ove mi trasferii. Avevo 19 anni e cresceva in me una gran voglia di vivere un pochino anche la spensieratezza della mia età: era agosto e i miei coetanei e i miei amici erano in vacanza dopo aver conseguito la maturità, si godevano le calde giornate estive al mare e si divertivano. Io invece ero chiusa in un teatro a provare coreografie scritte da altri e che non mi rappresentavano più, che non sentivo mie, a combattere ogni giorno con la bilancia e con la competizione di un ambiente di certo non facile e super competitivo. Ho deciso dentro di me che era finita, la mia motivazione non era più la stessa di quando avevo iniziato e avevo voglia di casa, di famiglia, di affetto, ma anche di colmare le lacune culturali che sentivo di avere avendo dovuto abbandonare la scuola quando lasciai l’Italia.

Il rientro a casa com’è stato?
Dopo quattro anni trascorsi all’estero, dove vivevo da sola e in maniera autonoma e indipendente sotto ogni punto di vista, non ti nascondo che non è stato affatto semplice. Volevo rendermi economicamente indipendente e quindi iniziai ad aiutare mio papà nel negozio di borse e accessori che aveva. Era molto piccolo e a me pareva quasi un bazar: cominciai col costruire un’immagine un po’ diversa e ad avvicinarmi al business delle borse imparando molte cose, tra le altre anche venendo a contatto coi fornitori.

Non ti è mancata nemmeno la Cina…
Ci sono andata diverse volte accompagnando un’amica cinese il cui padre si occupava della produzione di borse in madrepatria. Ho imparato moltissimo e ho iniziato col commissionare borse mie, che si posizionavano su un target giovane, senza grandi possibilità di spesa, ma attento alla moda e ai trend. I volumi erano piccoli, ma incoraggianti.

Da una piccola produzione alla creazione del tuo brand, LabelRose.it .
Inizialmente ho riempito il negozio di papà con le mie cose, ma non era sufficiente. Abbiamo provato la strada del franchising con negozi rivenditori, tuttavia i costi si sono rivelati troppo alti e insostenibili: un motivo in più per eliminare i passaggi intermedi e provare a vendere direttamente con un e-shop.

Dalla Campania al Veneto: è qui che hai dato corpo alla vocazione imprenditoriale.
A causa di un problema familiare legato alla salute di mio padre, abbiamo cercato un ambiente più tranquillo e a misura d’uomo. Per questo, abbiamo raggiunto mia sorella maggiore che si era traferita in Veneto, una realtà nella quale ho potuto esprimermi molto meglio rispetto a Napoli, dove lo stereotipo e la mentalità non rendono le cose agevoli per le donne giovani con voglia di lavorare e mettersi in gioco. Durante la pandemia, ho iniziato a vendere online ed ammetto che il giro di affari ha avuto un’impennata.

Cosa ti piace di più delle tue borse LabelRose.it?

Ne adoro le cartelle le cartelle colori, i materiali, i dettagli e lo stile. Ho creato Label Rose proprio perché non riuscivo a trovare un brand che mi rappresentasse: al passo con le tendenze, accessibile ma non banale.
 

I dettagli fanno la differenza: so che ci tieni particolarmente.

Penso che siano quelli a fare la differenza e il consumatore premia l'attenzione alle piccole cose: dalla fodera interna rosa ai rivetti, tirazip e piedini brandizzati, persino l'etichetta interna porta la mia firma. Mi piace poter pensare che una piccola parte di me resta in ogni "bambina" che realizzo e gira per l'Italia e per il mondo. Non sono semplici prodotti, racchiudono anni di vita di una giovane donna: sono la mia storia, la mia fatica, il mio sudore, i miei sacrifici.
 

Siamo prossimi all’estate, quali saranno i must have per la stagione?

Rafia e denim sono due must have per i prossimi mesi. Abbiamo realizzato diversi modelli con questi due materiali: non vedo l'ora di abbinarli ai miei outfit estivi saranno quel tocco in più che renderanno i miei look non banali.

Un’anticipazione delle tendenze del prossimo autunno.
Maxi bag, anche se io, essendo minuta, non indosso molto spesso le borse grandi, preferisco di gran lunga le mini bag.

Qualcosa su di te.
Amo il mare, adoro stare al sole e passare qualche ora in barca. Mi piace anche molto passeggiare, stare all’aria aperta, allontanarmi dal computer quando posso. Infine, ho una passione per la cucina, sono una creativa, mi piace organizzare la tavola e i pranzi con gli amici, oltre che con la mia famiglia.

Un suggerimento alle ragazze che vorrebbero diventare imprenditrici?

Suggerisco di non smettere mai di credere in se stesse, anche quando l'obiettivo sembra irraggiungibile. Ritengo sia fondamentale acquisire tante competenze, ma bisogna buttarsi in ogni caso perché si impara anche facendo e sbagliando. Infine, è importantissimo non tralasciare mai l'analisi dell'errore, perché è il processo di apprendimento post errore che porta poi a grandi successi.