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Tina Turner, l'icona del rock che trovò conforto nel buddismo

"Quando ero disperata, nei momenti peggiori recitavo Nam-myoho-renge-kyo per parecchie ore al giorno e vedevo che funzionava", raccontò in un'intervista

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Il nome di Tina Turner, icona della musica per eccellenza, è associato anche al buddismo di Nichiren Daishonin, che praticava fin dal 1973, a Los Angeles. In occasione del suo sessantesimo anno di attività nella musicale e il suo quarantacinquesimo di pratica buddista, la regina del rock ne parlò su "Living Buddhism", mensile statunitense della Soka Gakkai (la stessa di cui è membro Roberto Baggio): "In realtà - disse nel 2018 - non c'è stata alcuna rivelazione miracolosa da un giorno all'altro".

"Quando ero disperata, nei momenti peggiori recitavo Nam-myoho-renge-kyo per parecchie ore al giorno e vedevo che funzionava. Quando dovevo affrontare una situazione difficile le risposte emergevano da dentro di me, e quando ne avevo bisogno erano proprio lì. Le mie reazioni erano appropriate alla situazione e sentivo che venivano da un luogo vero nelle profondità della mia vita, che chiamiamo l'innata saggezza del Budda".

Nel corso della sua vita  Tina Turner ha trovato conforto nel buddismo, ma, quando sembrava che finalmente potesse approdare alla serenità, è stata la sua salute a cedere: prima un ictus, poi un tumore all'intestino, infine una grave insufficienza renale che l'ha messa di fronte alla scelta tra dialisi e trapianto. Con la sua proverbiale sincerità, Tina ha ammesso di aver pensato anche al suicidio assistito. Poi il marito Erwin Bach le ha donato un rene, restituendole qualche anno di un'esistenza serena.

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