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Dieta mediterranea, solo il 13% degli italiani la segue

Questo tipo di alimentazione è stato riconosciuto anche nel 2023 come migliore al mondo, ma un campione di 2.869 persone ha dimostrato di essere superata da contaminazioni industriali

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La dieta mediterranea è stata riconosciuta anche nel 2023 come la migliore del mondo, eppure solo il 13% degli italiani la segue. È quanto emerso da uno studio del Crea Alimenti e Nutrizione, pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Nutrition e basato su un campione di 2.869 persone. È infatti importante che vengano rispettate le indicazioni, rappresentate dalla piramide alimentare, che vede alla base verdure e frutta e solo al vertice carne e dolci. Oggi, purtroppo, queste buone abitudini hanno ricevuto molte contaminazioni, con un incremento nel consumo di prodotti industriali.

La dieta mediterranea "contemporanea" presenta molte differenze rispetto alla classica, con un aumento di proteine di origine animale, (49,6 grammi al giorno contro 28,3 della tradizionale), grassi animali (37,8 grammi al giorno contro 20,1 grammi al giorno), grassi saturi (25,0 su 15,8 grammi al giorno) e colesterolo (305,0 milligrammi al giorno su 258,5). Sono i dati emersi da uno studio italiano condotto tra Università Campus Biomedico di Roma e Fondazione città della Carità di Taranto e pubblicata sulla rivista Clinical Nutrition ESPEN, che ha documentato l'evoluzione di questo regime alimentare nell'arco di 70 anni. 
 

"È importante valorizzare sempre più la dieta mediterranea come mezzo per mantenere la salute: soprattutto se applicata nel modo corretto, tradizionale. Ridurre l'assunzione di prodotti industriali, limitare gli zuccheri e le carni, in aumento nella cucina moderna anche a causa della naturale modifica delle abitudini quotidiane, che richiedono di semplificare la preparazione dei piatti e di renderla più rapida, è un importante passo avanti e può davvero garantire il benessere e prevenire numerose patologie", commenta Giuseppe Morino, direttore scientifico del Festival dei 5 colori, la kermesse dedicata a salute e nutrizione in corso fino al 21 maggio al Maschio Angioino di Napoli e promossa da Associazione Pancrazio in collaborazione con l'Assessorato alle Politiche Agricole, il Comune di Napoli, l'Università Federico II e l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. 

 

-afp

Dieta mediterranea toccasana per il microbiota, la pasta meglio fredda   Fibre, carboidrati complessi, acidi grassi omega 3, e cioè verdure, pesce, legumi, pasta, frutta fresca e a guscio. Sono questi gli alimenti giusti che fanno parte della dieta mediterranea per favorire la crescita della "popolazione buona" del microbiota, l'insieme di tutti i microrganismi dell'intestino.

La dieta mediterranea allunga la vita

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In pole position la pasta ma è meglio consumarla fredda. Un menù che fa vivere meglio e aiuta a contrastare l'invecchiamento, come conferma una task force di esperti riunito dal Gruppo Barilla, commentando le ultime ricerche scientifiche. Un microbiota in salute, infatti, influisce sul benessere fisico e sull'umore, combattendo l'insorgere di processi infiammatori alla base di molte malattie croniche. Sono oltre 16mila le menzioni negli ultimi 12 mesi su PubMed che svelano nuove evidenze su quanto sia importante, infatti, vivere in armonia con questa comunità di circa 5mila specie, tra batteri e funghi che influenza tutto l'organismo.

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Il microbiota, quindi, ama la dieta mediterranea per via della fibra contenuta in molti alimenti che stimolano la produzione e l'espansione di batteri buoni. Bene anche i composti polifenolici, di cui sono ricchi frutti di bosco, agrumi, cavoli, broccoli, pomodori, olio d'oliva, noci, che apporterebbero una crescita di Lactobacillus e Bifidobacterium; carciofi, asparagi, aglio, cipolla, porri, topinambur e cicoria, per il contenuto di inulina; legumi come fagioli, lenticchie, ceci, piselli e fave per il contenuto di frutto-olisaccaridi e galatto-olisaccaridi; pinoli, nocciole, spinaci e pesce azzurro.

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E a proposito di pasta, con l'arrivo dell'estate, se consumata fredda, puo' avere un'ulteriore marcia in più per il microbiota. "L'amido resistente della pasta con il cambio di temperatura - spiega il professore di Nutrizione Umana dell'Università di Padova, Francesco Visioli - assume una conformazione tale che si comporta esattamente come le fibre che i batteri usano per produrre un acido grasso a catena corta come il butirrato, che controlla la permeabilità intestinale".

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