Caro affitti e università, un fuori sede su sei costretto a cambiare alloggio per risparmiare
Per l’anno accademico in corso un sesto dei fuori sede ha deciso di traslocare. Due terzi di loro perché hanno subito un aumento del canone d’affitto, gli altri per una riduzione del budget dedicato allo scopo
La protesta degli studenti universitari contro il caro-affitti è esplosa solo ora, almeno con questa potenza. Ma il problema è di quelli storici. Negli ultimi mesi, complice l’inflazione e le difficoltà economiche di molte famiglie, si è solo aggravato. Il portale Skuola.net già all’inizio di quest’anno accademico ha osservato - interpellando 700 ragazze e ragazzi che frequentano l’università lontano da casa - come la questione alloggio abbia agitato la vigilia dell’avvio delle lezioni. Ben 1 studente su 6, infatti, in vista del ritorno in aula si è premurato di cercare un’altra soluzione abitativa rispetto a quella già in essere, stanza o appartamento che fosse, per ragioni legate alla capacità di spesa.
Alla base del cambio c'è soprattutto l'aumento dei canoni
Tra loro, circa 2 su 3 si sono messi alla ricerca di qualcosa di diverso rispetto a dove stavano prima perché non riuscivano più a sostenere l’aumento del canone d’affitto comunicato dal padrone di casa alla fine dell’estate. La parte restante, per via della riduzione forzata del budget - personale o familiare - da poter riservare a un posto letto.
Per molte matricole la ricerca di casa è stato il primo esame
Qualcosa di simile, sempre in prossimità del nuovo anno accademico, è successo alle matricole, che si stavano trasferendo per la prima volta in una città universitaria: la metà di loro (50%) diceva, infatti, di aver iniziato le lezioni senza poter disporre di una sistemazione definitiva. E per la stragrande maggioranza, circa 7 su 10, il disguido era dovuto a una complicata selezione delle offerte: il 36% ha imputato il ritardo ai prezzi troppo alti degli affitti, il 33% alle pessime condizioni in cui versavano gli appartamenti che avevano costi più abbordabili.
La maggior parte divide la casa. E spesso anche la stanza
Questo perché, purtroppo mancano posti negli studentati pubblici, come sta emergendo proprio in questi giorni di dilagante protesta. Per cui, la maggior parte dei fuori sede, deve trovare una sistemazione in una abitazione privata. Per questo, sempre per risparmiare, la soluzione più diffusa è quella di condividere l’appartamento con altri colleghi. Così, oltre un terzo di chi opta per questa strada (38%), divide la casa con almeno tre persone, un altro terzo (32%) con due “colleghi”, la parte restante (30%) ha un solo coinquilino. Quasi la metà, inoltre, è costretta a dividere gli spazi anche nella stanza da letto: il 36% dorme assieme a un’altra persona, l’8% con due, il 3% con altri tre. Solo il 53% ha la fortuna di dormire da solo.
Non sempre pagano tutto i genitori
Scelte, queste, in parte condizionate anche dalla “fonte” del pagamento degli affitti. Perché è vero che, nella maggior parte dei casi, il peso delle spese universitarie grava esclusivamente sui genitori - così per il 41% - ma molto spesso gli stessi studenti provano a fare qualcosa per alleggerire il fardello: il 21% contribuisce per la metà, il 12% fa tutto da solo grazie ai “lavoretti” che svolge mentre frequenta l’università, il 13% tenta di fare lo stesso chiedendo una mano alla famiglia solo all’occorrenza, un altro 13% fa di tutto per ottenere e mantenere una borsa di studio.
“L’ondata di proteste di questi giorni riaccende i riflettori su un annoso problema legato al diritto allo studio, reso ancora più aspro dalle condizioni economiche attuali degli italiani, condizionate dall’inflazione e dall’aumento del costo della vita. Mai come ora gli studenti hanno difficoltà a trovare una sistemazione per poter seguire l’università distanti da casa. E mai come ora è necessario spostarsi, visto che i sempre più diffusi ranking universitari spingono gli studenti a dirigersi verso i corsi di laurea più prestigiosi anche se lontani. Peccato che in questo scenario, il nostro Paese si distingua per investimenti nel comparto università e ricerca ben inferiori alla media europea in termini di rapporto con il PIL. In questo senso, va accolto positivamente l’impegno del MUR e delle realtà locali di operare in modo tempestivo sulla questione”, così Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net.
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