Alessia Pifferi, negata la perizia psichiatrica: può sostenere il processo
La Corte d'Assise di Milano ha rigettato la richiesta della difesa, che metteva in dubbio la "capacità di stare in giudizio" dell'imputata. L'accusa è di omicidio volontario per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana
La richiesta di una perizia psichiatrica su Alessia Pifferi rispetto alla capacità di affrontare un processo è stata rigettata dalla Corte di Assise di Milano. "Dall'unico atto medico prodotto dalla difesa non emerge alcun elemento che possa far dubitare della piena capacità" della donna, ha scritto il giudice Ilio Mannucci Pacini, respingendo la richiesta presentata dall'avvocato della 37enne, laria Pontenani. Alessia Pifferi è accusata di omicidio volontario aggravato per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di quasi un anno e mezzo, abbandonandola da sola in casa per sei giorni.
L'istanza della difesa -
Nella seconda udienza del processo a Milano si stanno costituendo le parti civili e si discute sulle prove da ammettere a dibattimento dopo la decisione della Corte in merito alla "capacità di stare in giudizio" dell'imputata, che lasciò la bimba sola per giorni nella sua abitazione di Ponte Lambro, non lontano da Linate. L'atto medico della difesa a supporto della sua richiesta era stata la relazione di una psichiatra del carcere di San Vittore.
La Corte: "Nessun dubbio sulla capacità di Pifferi" -
Il presidente della Corte spiega che in quel documento non si trova nulla "che possa far dubitare della piena capacità di Pifferi di partecipare al processo come evidentemente accaduto fino all'odierna udienza, senza che mai fosse stata prospettata tale incapacità".
In tale relazione, "l'unico elemento è un ipotetico e possibile deficit cognitivo che neanche se fosse accertato potrebbe costituire elemento atto ad escludere la capacità di stare nel processo" di Pifferi.
Chiesto il rigetto anche dai pm -
Di tale istanza avevano chiesto il rigetto anche i pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro, sottolineando che la donna è sempre stata pienamente "lucida e consapevole". In un secondo momento, la difesa potrà chiedere comunque una perizia sulla capacità di intendere e volere al momento dei fatti.