Tra 20 anni le persone in età da lavoro, tra i 15 e i 64 anni, saranno, 6,9 milioni in meno rispetto a oggi, mentre il numero degli anziani crescerà di 4,8 milioni. E' quanto emerge dall'ultima ricerca realizzata dalla Fondazione Di Vittorio, della Cgil. "Un calo demografico insostenibile - avverte il presidente Fulvio Fammoni - che, se non contrastato con interventi immediati, prospetterebbe un futuro di declino cui non ci si può rassegnare". E proprio per contrastare il fenomeno, l'attuale saldo migratorio dovrebbe aumentare di almeno 150mila persone l'anno.
Calo demografico e mercato del lavoro -
La diminuzione della popolazione è un fenomeno ormai consolidato con evidenti ricadute anche sul mercato del lavoro, sottolinea l'indagine. Le previsioni probabilistiche da qui al 2043 segnalano una riduzione della popolazione residente di oltre tre milioni rispetto ad oggi, in seguito alla diminuzione dei più giovani (-903mila) e appunto delle persone in età da lavoro (-6,9 milioni). Aumenterà invece il numero degli anziani, che saranno 4,8 milioni in più.
Saldo naturale negativo -
L'analisi sottolinea che tutto questo accade mentre il meccanismo che alimenta la crescita della popolazione "si è arrestato: il saldo naturale è negativo, mentre il saldo migratorio è positivo, ma del tutto insufficiente a compensare quello naturale. Un apporto aggiuntivo al saldo migratorio di 150mila persone all'anno consentirebbe in 20 anni di mitigare la diminuzione della popolazione totale e ridurrebbe il calo previsto della popolazione attiva".
I possibili interventi -
"Non esiste un'unica leva - chiarisce ancora Fammoni -, ma più fattori non contrapponibili fra di loro su cui intervenire. La ricerca infatti propone dati e idee di possibili interventi per ridurre in modo accettabile il calo della popolazione in età da lavoro, estendendo a tutti diritti e opportunità e garantendo al Paese la possibilità di sviluppo economico e sociale".