Nuovo Patto Stabilità, Giorgetti: dovremo rivedere gli investimenti del Pnrr
Il ministro dell'Economia nonostante definisca le nuove regole "un passo in avanti", non nasconde la delusione per la mancata "esclusione delle spese di investimento dal calcolo delle spese obiettivo"
Per Giancarlo Giorgetti il nuovo patto di stabilità obbligherà a rivedere gli investimenti. "C'è sicuramente del disappunto perché gli investimenti del Piano nazionale di ripresa (Pnrr) non risultano esentati, né il loro peso è mitigato, nella valutazione dei conti pubblici", ha spiegato il ministro dell'Economia. "E' un passo avanti ma noi avevamo chiesto l'esclusione delle spese d'investimento, incluse quelle tipiche del Pnrr su digitale e transizione verde, dal calcolo delle spese obiettivo su cui si misura il rispetto dei parametri".
"La spending review dovrebbe riguardare anche gli investimenti del Pnrr che hanno un impatto sugli obiettivi", ha spiegato Giorgetti al Corriere della Sera. Questo "vale a maggior ragione per il fondo complementare al Pnrr (da circa 30 miliardi, ndr) che dobbiamo finanziare al costo in interessi del debito italiano". Ora "si tratta di riconsiderare i programmi ed eventualmente riallocare le risorse su quelli realmente in grado di aumentare il potenziale produttivo del Paese". Comunque "il Documento di economia e finanza - ha quindi concluso - rispetta i criteri di bilancio (transitori ndr ) indicati dalla Commissione".
Cosa prevede il nuovo patto di stabilità Stando a quanto emerso le nuove regole europee sui conti pubblici prevedono piani concordati tra la Commissione europea e gli Stati Ue per un percorso di spesa in grado di far scendere stabilmente il debito pubblico. Non ci dovrebbero essere obiettivi numerici veri e propri sul calo dell'indebitamento e dovrebbero restare invariati i parametri dei trattati che fissano un tetto per il deficit al 3% del Pil e per il debito al 60% del Pil.
Per i Paesi oltre tali valori saranno così previste dall'esecutivo europeo delle "traiettorie tecniche" di spesa con l'obiettivo, ancora una volta, di far scendere il debito. Gli Stati che sono invece in disavanzo (nominale) eccessivo dovranno comunque garantire in automatico un aggiustamento strutturale del deficit annuo minimo pari allo 0,5% del Pil, fino a quando lo sforamento non sarà rientrato.
L'aggiustamento dei conti italiani sulla base di alcune simulazioni tecniche circolate a Bruxelles potrebbe comportare una riduzione del deficit strutturale dello 0,85% annuo nel caso di un piano a 4 anni e dello 0,45% medio se un piano a 7 anni.
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