adottato per la prima volta in Italia

Bologna, bambino riceve un cuore artificiale più leggero: dopo 120 giorni può uscire dal reparto in cui è ricoverato

"Siamo andati al bar a fare colazione, io, lui e il suo papà. Momenti familiari che per i più sono banali ma che per noi sono straordinari", ha commentato la mamma del piccolo di 6 anni

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Il 25 dicembre, nel reparto di Cardio Chirurgia Pediatrica del Policlinico Sant'Orsola di Bologna, era stato necessario attaccarlo a un cuore artificiale. Ora, dopo 120 giorni, è uscito dal reparto grazie a un cuore artificiale più leggero, adottato per la prima volta in Italia. Il protagonista della vicenda è un bambino di 6 anni, ricoverato nella struttura emiliana. Il dispositivo, di ultima generazione, si chiama Driving Unit Excor e l'intervento è avvenuto due giorni fa. "Siamo andati al bar a fare colazione, io, lui e il suo papà. Momenti familiari che per i più sono banali ma che per noi sono straordinari - commenta la mamma del piccolo -. La prima cosa che ha detto uscendo dal reparto è stato 'Wow'! È bellissimo vederlo autonomo e indipendente, finalmente il bambino di 6 anni che è".

I nuovi cuori artificiali - I nuovi cuori artificiali, osservano dal Sant'Orsola, sono molto più leggeri, passando dai 90 chilogrammi dei vecchi modelli agli attuali 9. In questo modo, grazie a un semplice carrellino, i bambini sono autonomi e indipendenti. Apparecchiature più flessibili e dotate di batterie con autonomia di 7 ore più altrettante con la riserva, rispetto alle precedenti che invece necessitavano di una presa di corrente sempre a disposizione. Si tratta di strumenti salvavita che sostituiscono completamente il cuore, costituiti da una pompa meccanica che simula le funzioni cardiache. Nell'unità operativa di Cardiochirurgia pediatrica del Sant'Orsola, diretta da Gaetano Gargiulo, ci sono attualmente cinque bambini con patologie complesse che richiedono l'utilizzo di un cuore artificiale e ricevono adesso la nuova strumentazione. L'investimento è di circa 90mila euro all'anno per ogni paziente.

In particolare, osserva il Sant'Orsola, "avevamo anticipato l'arrivo di queste nuove apparecchiature a dicembre". "Quando hai detto 'faremo' a bambini piccoli con malattie cosi' impattanti come queste e alle loro famiglie, dire 'abbiamo fatto' è un dovere prima che un piacere. E non è finita qui: la strada tracciata porta questi pazienti e i loro cari permanentemente fuori dall'ospedale. Proprio in questi giorni la Regione Emilia-Romagna ha annunciato un finanziamento di 12,5 milioni di euro per la creazione di una struttura di accoglienza adiacente al Policlinico, gestita con il supporto dell'Associazione Piccoli Grandi Cuori, che in questo modo garantirà la necessaria sicurezza ai bambini e contemporaneamente gli consentirà una vita più normale", dichiara Chiara Gibertoni, direttore generale del Policlinico di Sant'Orsola.

A giudizio del professor Gargiulo, "grazie al costante miglioramento delle cure e delle possibilità terapeutiche per questi bambini, sono fortunatamente aumentati i casi di pazienti che pur con una grave patologia cardiaca riescono a sopravvivere e attendere la disponibilità di un nuovo cuore e questo spiega perché non sono più casi isolati. Solo nella nostra unità operativa - puntualizza - nel giro di pochi mesi, siamo passati da due a cinque bambini assistiti con un ventricolo artificiale, il numero attualmente più alto in Italia".

E proprio per affrontare questo genere di necessità, argomenta Paride Lambertini, direttore di Ingegneria Clinica del Policlinico bolognese "investiamo ogni anno complessivamente 14 milioni solo in alta tecnologia: sono strumenti alleati della vita, della salute e della cura". Nei "sorrisi" dei bimbi, sottolinea l'assessore regionale alle Politiche per la Salute, Raffaele Donini, "sta la nostra ricompensa. Ecco perché questa innovazione tecnologica per noi è fondamentale e siamo orgogliosi di essere i primi in Italia a usarla. Consentirà ai bambini che sono in attesa di trapianto - aggiunge - e che quindi devono stare in queste strutture anche per centinaia di giorni, di fare una vita di relazione al di fuori delle mura ospedaliere. Un balzo importante verso una migliore qualità della vita - conclude Donini - in attesa che venga risolto definitivamente il loro problema".

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