Michele Padovano non ha mai smesso di credere nella giustizia durante il suo calvario lungo ben 17 anni. L'ex calciatore della Juventus si è raccontato in esclusiva a "Quarta Repubblica", ripercorrendo la vicenda che l'ha travolto dal 2006, quando venne accusato di traffico internazionale di droga, fino alla sentenza emessa dalla Cassazione, che ha annullato la condanna a sei anni e otto mesi.
"In quel periodo ero direttore generale dell'Alessandria Calcio e quella sera ero a cena con degli amici - esordisce l'ex calciatore nella trasmissione di Nicola Porro - Mentre rientravo a casa per andare a dormire, tre vetture dei carabinieri in borghese mi fermarono e mi portarono a casa per la perquisizione. All'inizio ho pensato a una candid di "Scherzi a Parte", perché in quel periodo il programma prendeva di mira i calciatori. Poi mi sono reso conto che non era così".
Il racconto di Michele Padovano prosegue ripercorrendo i primi giorni della vicenda, quando passò dall'isolamento al trasferimento nel carcere di Bergamo, dove fu trattenuto per tre mesi. "Avevo prestato 36mila euro a questo caro amico d'infanzia, che chiaramente aveva anche fatto altro ma mi spiegò che avrebbe comprato dei cavalli. Gli animali furono effettivamente acquistati, come dimostrato al processo, ma non siamo stati creduti".
Il primo grado lo condannò dunque a una pena di otto anni, per poi diminuire in appello a sei anni e otto mesi: "Devo dire che ho sempre creduto nella giustizia e che prima o poi si sarebbero resi conto della mia innocenza, anche se in quel periodo non nascondo la difficoltà nel dimostrarlo".
Nel corso dell'intervista, Padovano ha ricordato le persone che gli sono rimaste accanto nei momenti più difficili, da Gianluca Presicci, "con cui mi sento ancora oggi con le nostre famiglie" e Gianluca Vialli. "Dal momento del mio arresto telefonò a mia moglie per conoscere le mie condizioni. Penso che oggi sarebbe molto contento nel sapere che sono stato assolto".