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Akrame Benallal: la modernità sulle tavole di Marrakech

Storia, tradizione e versione fine dining della cucina marocchina

Chef Akrame Benallal

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Chef Akrame Benallal 
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Immaginate la freschezza, la qualità e la varietà della dieta mediterranea che si incontrano con le spezie, le cotture e le regole della cucina araba. Ci sono voluti secoli di contaminazioni, ma il risultato non lascia dubbi: la cucina marocchina è da inserire tra le grandi scuole della gastronomia mondiale.

Nei suoi piatti troviamo le influenze berbere, moresche, mediterranee e arabe, ma non solo. Oltre ai popoli che hanno dominato queste terre, infatti, troviamo anche le eredità di quelli che qui sono venuti in pace, per commerciare con uno dei più grandi regni del mondo antico. I cuochi nelle cucine reali di Fès, Meknès, Marrakech, Rabat e Tétouan hanno, generazione dopo generazione, amalgamato tutto questo sapere fino a renderlo un tutt’uno.

Alla base di tutta questa ricchezza c’è ovviamente un terroir che, per quanto siamo abituati ad immaginare come desertico, è in realtà molto ricco e dà vita ad una larga gamma di frutti e vegetali mediterranei, persino tropicali. Le carni più utilizzate sono invece quelle di montone e agnello, manzo, pollo, coniglio, mentre per ovvie ragioni che riguardano l’osservanza dei precetti dell’Islam, è assolutamente vietata ed assente la carne di maiale. Le pietanze sono generalmente condite con limone in salamoia, olio di oliva e frutta secca, ma non mancano certamente le spezie, di cui il Marocco è il maggior fruitore tra le scuole del Maghreb.

Importati nel regno da migliaia di anni (da qui passavano le leggendarie carovane della Via della Seta), oggi molti ingredienti, come lo zafferano di Tiliouine, la menta e le olive di Meknès e le arance e i limoni di Fès, sono prodotti locali. Le spezie comuni includono cannella, cumino, curcuma, zenzero, paprica, semi di anice, semi di sesamo, coriandolo e zafferano, mentre la regina indiscussa delle erbe è senza dubbio la menta, protagonista anche della bevanda nazionale, ovvero l’iconico il tè verde alla menta. Considerato più di una semplice bevanda, berlo con gli amici e la famiglia è un rituale di convivialità, e la tecnica del “ versaggio” è cruciale come la qualità del tè stesso.

La cucina marocchina Fine Dining: “Shirvan” dello chef Akrame Benallal

Ma se fino ad ora abbiamo parlato della cucina tradizionale del Marocco, quella che si può gustare in qualsiasi Ryad, è interessante scoprire che esistono altre chiavi di lettura e un’altra ristorazione di livello nel paese nordafricano. Un nome assolutamente da scoprire è quello di Shirvan, il ristorante di Marrakesh dello chef stellato Michelin Akrame Benallal.

Per chi non conoscesse, merita senza dubbio di spendere qualche parola su questo grande chef della cucina contemporanea marocchina.

Benallal è nato il 22 giugno 1981 a Maisons-Laffitte, vicino Parigi, ma ha trascorso i primi 13 anni della sua vita in Algeria.  Ha iniziato a studiare cucina a Saint-Cyr-Sur-Loire ed ha poi intrapreso uno stage presso Ferran Adrià e nel ristorante Elysée. Nel 2005 è diventato chef allo Château des 7 Tours prima di rilevare il Trendy Lounge, che ha ribattezzato L'atelier d'Akrame nel 2009. Nel 2011 ha fondato il suo ristorante gourmet Akrame a Parigi e ha ottenuto due stelle Michelin (2012 e 2014). Da lì è partita la sua espansione per il mondo e oggi segue ristoranti a Hong Kong, Manila, Baku e ovviamente a Marrakesh. Qui, all’interno di un moderno ed elegante resort immerso nel cuore di 20 ettari di uliveti e giardini con 100.000 rose profumate, sorge il suo spazio ristorativo di design con richiami contemporanei all’artigianato marocchino, come ad esempio le librerie in legno arredate con oggetti trovato nei souk vicini.

Il nome “ Shirvan” deriva da un’antica provincia dell’Azerbaigian che ha ispirato Akrame dalla quale passa la Via della Seta, che si snoda attraverso i vari paesi. Lo chef ha immaginato una cucina di condivisione, delicatamente condita con spezie, in uno spazio che è completamente orientato al viaggio.

Si parte con le ostriche condite con la chermoula (una marinatura di limone e spezie utilizzata nella cucina algerina, libica, marocchina e tunisina), si procede con l’ Houmous Signature, versione rivisitata del classico piatto di ceci diffuso nei paesi arabi. Si continua con le carni, dando priorità all’agnello, vero protagonista delle tavole, che viene servito brasato sia nel taglio dello stinco che della spalla, ma che si apprezza in versione gourmet soprattutto nelle braciole marinate nell’ harissa (la salsa piccante tipica del Maghreb, a base di peperoncino rosso fresco, aglio e olio d'oliva).

C’è spazio anche per il pesce, in piatti quali la pastilla di aragosta. La pastilla è un piatto tradizionale della cucina marocchina le cui origini sono risalenti alla Spagna islamica. Dopo la caduta di Granada i musulmani che si rifugiarono in Maghreb portarono con loro le proprie tradizioni culinarie, tra cui uno sformato di carne di piccione (spesso sostituito per comodità con pollo tagliato a pezzetti). Nella versione di Akrame Benallal i volatili cedono il passo alla nobile aragosta, in un gioco di carni delicate e sapori decisi notevole.

Il viaggio gastronomico si conclude con un dolce dal nome emblematico, il “ PARIS – MARRAKECH” dove spiccano i gusti del cardamomo e della crema pasticcera al limone nero. Un tocco d’internazionalità e di tradizione che ancora una volta confermano il lungo percorso della cucina marocchina e come possa essere d’ispirazione per un futuro di successo.

Di Indira Fassioni 

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