Fare moda per Alberta Ferretti è una urgenza primaria, un modo per tradurre in abiti la sua passione per la vita, la natura, le esperienze, di immaginare fantasie che sono vere e popolarle di donne dinamiche ed espressive, vestite con forza e gentilezza. Il suo è un viaggio continuo di esplorazione, espresso attraverso uno spiccato gusto per la manualità, per le lavorazioni che danno ai capi sfumature insieme tattili ed emozionali.
Colpisce subito il colpo d’occhio nomadico dei colori: toni di verde prato, viola ametista, turchese, tabacco e bruciato che si mescolano ai naturali, ai bagliori delle canutiglie, regalando un immediato senso di energia.
Vivificato da questi cromatismi pittorici, il guardaroba immaginato da Alberta Ferretti è un inno alla leggerezza e alla fluidità: carattere indispensabile di una donna che è cittadina globale, e degli abiti che indossa. Lungo, corto, maschile, femminile si mescolano: le camicie si allungano, i trench diventano impalpabili, i gilet e le giacche si smaterializzano in orli a fazzoletto. La pelle nuda occhieggia sotto pannelli liquidi, sotto le tuniche di rafia o di canutiglie, sotto abiti incrostati di tralci macramè. Sono evidenti gli echi di un certo abbigliamento da viaggio, filtrato attraverso materie impalpabili: field jacket, blazer, tute. Di sera tutto si fa ancora più leggero, danzante, prezioso, e il gusto della manualità diventa ineffabile squisitezza. A dar corpo e consistenza a questa visione di eclettica naturalezza sono i materiali: seta, chiffon, satin, tela di seta e lino, rafia.
Portatrici indefesse di una inestinguibile wanderlust, le viaggiatrici camminano sulle nuvole, con i piedi per terra.