Sin dalla loro nascita, i videogiochi hanno acceso un crogiolo di dibattiti sul loro possibile utilizzo ludico e terapeutico, ma anche sui pericoli della prolungata esposizione a temi come guerra e violenza. In Austria in particolare, proprio quest'ultima è diventata recentemente oggetto di un acceso dibattito, che sta cercando di comprendere se possa propagarsi da un giocatore all'altro come una sorta di patologia.
Lo psicologo sociale Tobias Greitemeyer ha condotto uno studio sul contagio sociale basandosi su due quesiti: i giochi che comportano violenza promuovono l'aggressività in chi li gioca e anche i loro amici diventano più aggressivi, anche se non giocano?
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"La nostra serie di studi dimostra che i giocatori diventano più aggressivi quando giocano a giochi violenti", ha osservato il ricercatore. "L'effetto di contagio sembra essere ancora più forte se le persone nell'ambiente circostante sono aggressive: in questo caso anche il mio livello di aggressività aumenterà, anche se sono solo un osservatore. Quindi, l'ambiente sociale del giocatore reagisce con un aumento dell'aggressività".
Il team di ricerca coinvolto nel progetto sottolinea che gli effetti su un singolo individuo sono minori, perché l'aggressività è influenzata da elementi multidimensionali e da fattori scatenanti nella vita quotidiana, come partner, figli, colleghi o videogiochi. Tuttavia, comprendendo un punto di vista sociale più ampio, l'effetto risulta enormemente amplificato, perché in Austria ci sono circa cinque milioni di giocatori.
"Gli interventi per ridurre il tempo di gioco al computer possono ridurre il livello di aggressività di chi gioca. Ne beneficeranno anche le persone che non giocano in prima persona, come i fratelli e le sorelle", ha sottolineato Greitemeyer. "Quindi, se si inizia con il giocatore, si riducono i livelli di aggressività nell'intero ambiente sociale, il che ha una certa rilevanza".
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Per quanto riguarda la differenza di genere, le donne sono risultate meno aggressive degli uomini ma entrambi i sessi sono influenzati dall'uso dei videogiochi più o meno allo stesso modo (e nella stessa misura) da persone aggressive esterne. In linea di massima, i giochi per computer mettono in allarme molti genitori, tuttavia Greitemeyer raccomanda di assumere una posizione moderata. "Se penso ai giochi cooperativi, mi viene in mente il calcio. Oggi mio figlio gioca al computer insieme ai suoi amici e ne parla, qui non ci si sente soli, c'è un legame sociale".
Lo studio ha fatto inoltre emergere che giocare agli sparatutto in prima persona ha anche degli effetti positivi, come il miglioramento dell'orientamento spaziale. È vero che le discussioni in partite multigiocatore siano più frequenti, tuttavia ci sono milioni di persone che trascorrono il proprio tempo su giochi di questo genere senza mai dimostrare attacchi d'ira. Gli esperti raccomandano ai genitori di prestare attenzione e controllare anche l'età consigliata, perché molti giochi consentiti solo a partire dai 18 anni, potrebbero rivelarsi inadatti ai propri figli, minandone la salute mentale.