Con l'accusa di tortura di Stato, 23 agenti della polizia penitenziaria di Biella sono stati sospesi dal servizio, in esecuzione di un'ordinanza del gip: il reato è stato commesso all'interno del carcere della città nei confronti di tre detenuti. "Il 6 febbraio - riferisce la procura - il gip, su richiesta dei pm, aveva ordinato l'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari a carico del vicecomandante pro-tempore, riservandosi, all'esito degli interrogatori, sull'applicazione delle richieste di misure interdittive nei confronti degli altri 27 agenti coinvolti".
La richiesta di nastro adesivo - L'ordinanza di misure cautelari interdittive emessa dal gip Valeria Rey, ed eseguita dai carabinieri del Nucleo investigativo di Biella, segue di oltre un mese l'arresto del vice comandante pro tempore dell'istituto penitenziario messo ai domiciliari il 6 febbraio. Le indagini, inizialmente nei confronti di 28 agenti di polizia penitenziaria, sono partite il 3 agosto 2022 da una denuncia per minaccia e oltraggio a pubblico ufficiale presentata dallo stesso Comandante arrestato nei confronti di un detenuto, dove si parlava della "necessità" di impiegare del nastro adesivo per contenerlo nonostante fosse già ammanettato.
Il metodo punitivo - L'inchiesta ha svelato come non si fosse trattato di un caso isolato ma di un "metodo punitivo - fa sapere la Procura di Biella - e un clima di generale sopraffazione creato e coltivato dal vice-commissario, con la complicità o la connivenza di altri agenti della polizia penitenziaria".
"Trattamento inumano e degradante" - I pm hanno ipotizzato i reati di falso ideologico, abuso di autorità e lesioni in particolare per alcuni episodi in cui detenuti sono stati "colpiti con calci pugni e schiaffi mentre erano ammanettati e denudati". In base alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, è stato possibile ipotizzare che le condotte configurassero il reato di tortura di stato "apparendo indubbio" che "contenere su tutti gli arti un detenuto, denudarlo, aggredirlo, insultarlo e minacciarlo configuri un trattamento inumano e degradante".
Metodi definiti "crudeli" - L'accusa degli inquirenti, guidati dalla Procuratrice Maria Teresa Camelio, troverebbe "precisi elementi di sostegno", scrive il gip, in metodi che possono "essere definiti crudeli, determinando nei detenuti una serie di sofferenze fisiche e di umiliazioni non necessarie".