"Vi assicuro che se fossi arbitro di salvare da una drastica distruzione di tutta la pittura italiana dodici quadri, vi includerei La primavera ed in modo speciale La nascita di Venere. Davanti a questi quadri non provo ammirazione, ma stupore, ma meraviglia. Meraviglia secondo il senso che i poeti sogliono dare a questa parola… J’émerveille! Era la divisa di Guillaume Aplollinaire". Così argomentava Felice Casorati (Novara, 1883 - Torino, 1963) nel 1949 in una conferenza su Botticelli. Per lui Botticelli è armonia, linea, "tutto spirito e niente materia" e ha l’incanto della musica. E la musica rappresenta la chiave d’ingresso anche alla Villa dei Capolavori di Luigi Magnani (Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo, Parma), la "casa della vita" del colto collezionista, storico dell’arte, musicologo, compositore, scrittore nelle cui sale, fino al 2 luglio, oltre settanta capolavori raccontano tutto l’itinerario artistico del maestro novarese.
Con "le sue lente melopee di piani o di spazi", come scrisse Carlo Ludovico Ragghianti, Casorati entra a pieno titolo nello spazio, fisico e mentale, di quello che lo stesso Magnani definiva il "mio museo immaginario". E la musica è per l’appunto uno dei temi che strutturano la mostra.
Il percorso espositivo si apre con dipinti come Ritratto della sorella Elvira, che segna il debutto di Casorati alla VII Biennale di Venezia nel 1907, o Le ereditiere, esposto alla IX Biennale nel 1910: entrambi intrisi di equilibrio, pacata misura e qualche nota liberty. Un'atmosfera diversa si respira nel capolavoro Le signorine, del 1912, opera cruciale che esprime una svolta nella sua pittura, per la tavolozza chiara e luminosa, per lo studio delle figure di stampo klimtiano e per l'algido nudino centrale
Il miraggio della classicità, che esplode al principio degli anni Venti, è ben rappresentato da Le due sorelle, Fanciulla col linoleum, Maschere, tutti del 1921. La loro atmosfera sospesa e silenziosa, permeata di misura e ordine, di malinconia e mistero, oltre a documentare un ritorno alla modella, denuncia un aperto confronto con l’antico. Nel celeberrimo dipinto Silvana Cenni (1922) tutto è aderente al vero, fin nei più minuti dettagli, ma talmente realistico da tradursi in straniamento. Si potrebbe descrivere con le parole che Casorati aveva riservato a Torino, la città in cui aveva deciso di vivere: "Geometrica e misurata come un teorema, enigmatica e inquietante come una cabala, astratta come una scacchiera". Il riferimento a Piero della Francesca è nell'armonia della composizione, nell’eco di quella silente immobilità che permea ogni cosa e congela la scena in un fermo immagine carico di attesa. Anche nella Conversazione platonica (1925), un dipinto dove in realtà nessuno parla e il tempo è sospeso. La donna dorme di un sonno perfetto, estranea al misterioso uomo che le siede accanto, chiusa in una luce immobile e ogni dettaglio è regolato secondo peso e misura. La verità, sembra suggerire Casorati, non è più nella vita, ma nel tempo immobile dell’arte.
Ricorrente nella sua pittura è il tema della natura morta, in particolare le composizioni di uova, uova di gesso, dalla forma perfetta, nidiate di perle che giacciono su tetri cassettoni gozzaniani, forme chiuse in teche di cristallo, dalla luce nitida e eterna.
La relazione tra pittura e musica è resa esplicita anche in Beethoven, presentato per la prima volta alla Biennale veneziana del 1928, e nel Ritratto di Alfredo Casella (1926), maestro di composizione di Magnani a Roma e collezionista di importanti opere casoratiane. Infine, l’intensa attività di Casorati scenografo teatrale è documentata da un corpus di bozzetti e figurini della Fondazione Teatro alla Scala di Milano.
Felice Casorati
fino al 2 luglio 2023
presso Fondazione Magnani-Rocca, Mamiano di Traversetolo (Parma)
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