A Oristano la guardia di finanza ha scoperto una maxi frode fiscale per oltre 200 milioni di euro (con Iva evasa per oltre 37 milioni), e denunciato 19 persone. La modalità della frode era semplice: il gruppo aveva creato aziende inesistenti per emettere nei loro confronti fatture elettroniche accentrando su di esse il debito Iva. Le aziende, gestite da cinesi in Italia (a Prato, Pistoia, Firenze, Roma e Venezia), incassavano i proventi e, trasferendo i soldi verso Oriente, ne facevano perdere le tracce. Tra i 19 indagati figurano un consulente italiano e 18 cinesi.
Tra i 19 indagati (il consulente italiano residente nel centro della Penisola e 18 cittadini cinesi), c'e' quello che le Fiamme gialle considerano il "dominus" della frode, il titolare di una ditta all'ingrosso di Oristano che circa due anni fa ha chiuso le attività proprio durante i controlli. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori erano a lui riconducibili le operazioni finanziarie che avvenivano in Sardegna, ma anche con altri fornitori a Prato, Pistoia, Firenze, Roma e Venezia.
Il meccanismo -
"Molti dei soggetti economici posti sotto la lente di ingrandimento - spiegano dalle Fiamme gialle - sono risultati essere "cartiere", di fatto inesistenti, create al solo scopo di emettere fatture elettroniche ed accentrare su di esse il debito Iva derivante dalle operazioni documentate, omettendone la dichiarazione e il conseguente pagamento".
Le società fantasma aprivano appositamente per emettere le fatture fasulle e chiudevano entro i due anni, prima che potessero scattare i controlli. Le società fatturavano vendite per decine di milioni di euro a favore di altri cinesi residenti in tutta Italia, incassavano i guadagnai e trasferivano poi il denaro in Cina facendone perdere le tracce, poi si rendevano irreperibili.
Due anni fa le Fiamme gialle di Oristano hanno fatto scattare gli accertamenti che hanno consentito di scoprire appunto l'emissione di fatture per operazioni inesistenti per oltre 200 milioni di euro e l'evasione 37 milioni di Iva.