Legno della tempesta Vaia: da rifiuto a risorsa
La quiete dopo la tempesta: in Alta Badia si continua a recuperare il legno
Sono bastati quattro giorni quel drammatico ottobre del 2018 per spazzare il Triveneto devastando il patrimonio forestale dell’arco alpino. Venti con un’intensità media di 130 km/h e raffiche oltre i 200 km/h, con piogge mai viste, che hanno messo in ginocchio 494 comuni e raso al suolo oltre 42.000 ettari di foresta tra Trentino e Alto Adige, Veneto, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia. Tra i territori colpiti c’è la Val Badia, in Alto Adige, e proprio da qui ci arriva uno spaccato di tenacia e operosità giacché il legno straziato diventa una materia prima ricca di simboli.
Il larice può restare a terra anche due anni senza il rischio di essere danneggiato, mentre l’abete è più fragile e dopo poco tempo può essere utilizzato solo per il riscaldamento. Dai 10 ai 15 metri cubi di tronchi vengono lavorati ogni giorno, combattendo anche contro il bostrico, l’insetto fatale per le piante che si è moltiplicato esponenzialmente in seguito alla tempesta.
Un’economia in questo caso necessariamente e drammaticamente circolare, con i 16 milioni di alberi abbattuti che in qualche modo si rianimano diventando preziosi per la realizzazione di case, rivestimenti esterni, fienili o arredamento.“Le tavole vengono tagliate nei diversi spessori, vengono listellate, e poi lasciate qualche mese all’aria aperta per far rimuovere la prima umidità, in seguito vengono portate in essiccatoio” spiega Martin Nagler, carpentiere presso Nagler Holzbau.
Solo il legno gravemente danneggiato non viene lavorato, tutto il resto contribuisce a creare uno spiraglio di luce da un evento catastrofico con numerose declinazioni che arrivano fino alla particolarità del cirmolo, un legno pregiato di questa valle che fa da anima per degli sci unici e ricchi di significato. Restituire dignità a una materia prima devastata che da rifiuto si riscoprirà risorsa.
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