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Matteo Messina Denaro, favorirono la latitanza: arrestati due coniugi | La coppia incastrata da una foto del boss

Emanuele Bonafede e sua moglie Lorena Ninfa Lanceri erano nella cerchia più stretta del capomafia. "Tu sei il regalo della mia vita", gli scriveva la donna nel 2019, firmandosi Diletta

Ancora due arresti legati alla latitanza di Matteo Messina Denaro. Le indagini sulla rete di complici che ha protetto il boss hanno portato infatti in carcere, per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dal metodo mafioso, Emanuele Bonafede, nipote del boss di Campobello di Mazara Leonardo Bonafede, e la moglie Lorena Ninfa Lanceri

Fotogallery - Favorirono latitanza di Messina Denaro: arrestata coppia | Lei scriveva al boss: "Il mio regalo sei tu"

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Incastrati da una foto del boss  A incastrare la coppia una foto del boss mentre fuma un sigaro e tiene in mano un bicchiere da cognac, scattata a casa dei due coniugi accusati di favoreggiamento. La foto, nel salotto dell'abitazione, risale a qualche anno fa e mostra solo il corpo dell'allora latitante, al quale è stato appositamente tagliato il volto.



 

La donna molto legata al boss: "Sei il regalo della mia vita"   La donna, Lorena Lanceri, sarebbe stata molto legata a Matteo Messina Denaro, secondo quanto emerge dall'inchiesta dei carabinieri del Ros, che hanno portato lei e il marito in cella. I militari hanno trovato numerosi riscontri del rapporto tra il boss e la Lanceri. Messina Denaro, per nasconderne la vera identità, la chiamava Diletta. "Il bello nella mia vita è stato quello di incontrarti, come se il destino decidesse di farsi perdonare facendomi un regalo in grande stile. Quel regalo sei tu". E' il messaggio che si legge in un biglietto scritto nel 2019 da una donna che si firmava, appunto, Diletta. Il biglietto, trovato a casa della sorella del superlatitante, Rosalia, si concludeva con le parole "Sei un grande anche se non fossi MMD. Tua Diletta". Secondo gli investigatori in realtà a scrivere la lettera sarebbe stata la Lanceri. 

Matteo Messina Denaro catturato dopo 30 anni di latitanza

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L'immagine dell'arresto del boss, prelevato da una clinica privata di Palermo, è stata diffusa dai carabinieri
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Un'immagine d'archivio dell'attentato di via D'Amelio del 1992, in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino. Inflitte tredici condanne all'ergastolo
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Un'immagine d'archivio che mostra la scena dell'attentato in via D'Amelio
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L'attentato in via D'Amelio
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Un'immagine del luogo in cui furono uccisi il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta
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Il luogo della strage di Capaci, in cui morì il giudice Giovanni Falcone
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Il luogo della strage di Capaci
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Un'immagine d'archivio che mostra i vigili del fuoco invia dei Georgofili a Firenze il 27 maggio 1993, quando un attentato provocò la morte di cinque persone
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Il vigile del fuoco Massimo Salsamo, a sinistra, uno degli scampati della strage di via Palestro a Milano nel 1993, raggiunge il luogo dell'esplosione
Cappellino, cappotto di montone e occhiali da vista scuri. E' così che si presentava Matteo Messina Denaro al momento dell'arresto. L'uomo, visibilmente ingrassato rispetto alle ultime foto conosciute su di lui, che risalgono a diversi anni fa, tenuto sotto braccio dai carabinieri, ha attraversato a piedi in manette, per alcune centinaia di metri, il viale della clinica dopo l'arresto, arrivando in strada, prima di essere portato via a bordo di un mezzo dei carabinieri del Ros

La lettera al superboss  "Penso che qualsiasi donna, nell'averti accanto, si senta speciale - continua la lettera -, ma soprattutto tu riesci a far diventare il nulla gli altri uomini. Con te mi sento protetta, mi fai stare bene, mi fai sorridere con le tue battute e adoro la tua ironia e la tua immensa conoscenza e intelligenza. Certo hai anche tanti difetti, la tua ostinata precisione... Ma chi ti ama, ama anche il tuo essere così. Lo sai, ti voglio bene e come dico sempre un bene che viene da dentro. Spero che la vita ti regali un po' di serenità e io farò di tutto per aiutarti". 

Il boss parlava di Diletta con la sorella Rosalia  Dalle indagini è emerso che Messina Denaro ha parlato spesso di "Diletta" con la sorella Rosalia, già arrestata nell'ambito delle indagini. "Nessun dubbio", scrive il gip, sulla centralità della Lanceri per assicurare a Messina Denaro "il più ampio conforto emotivo e relazionale, oltre a quello logistico e assistenziale, documentato anche dalle telecamere". 

I video nei pressi della casa dei coniugi  I due coniugi, dopo la cattura del boss, il 16 gennaio, erano andati dai carabinieri raccontando di aver visto in tv Messina denaro e di aver riconosciuto in lui l'uomo che pochi mesi prima un familiare aveva presentato loro con il nome di Francesco Salsi, medico in pensione. Ma la versione dei due è stata smentita dai video registrati da una telecamera di sorveglianza installata vicino a un negozio a pochi passi dalla loro abitazione, a Campobello di Mazara. I video coprivano dalle 20:51 del 7 gennaio alle 21:12 del 23 gennaio 2023, dunque anche i giorni immediatamente antecedenti la cattura.

Frequentazione quotidiana  Dalle immagini emerge che il boss andava ogni giorno nell'abitazione dei Bonafede a pranzo e a cena, trattenendosi a lungo. Emanuele Bonafede è il cugino di Andrea Bonafede, l'uomo arrestato poco dopo la cattura del boss per aver ceduto la sua identità al superlatitante.  Le videoriprese nei pressi della casa hanno spesso mostrato la presenza dell'auto del latitante, una Giulietta Alfa Romeo, nei pressi della loro casa. "Si è trattato, del resto, di una ospitalità che ha senza dubbio avuto costi non irrilevanti per una famiglia non particolarmente benestante - si legge nella misura cautelare emessa dal gip - famiglia che quindi è del tutto irragionevole pensare che possa essersi assunta il pieno sostentamento di uno sconosciuto medico in pensione".

I controlli di marito e moglie  Nelle immagini si vedono marito e moglie mentre escono di casa con circospezione per controllare la presenza di eventuali poliziotti o carabinieri e dare poi il via libera all'ospite che, sicuro di non correre pericolo, lasciava l'abitazione. Bonafede e la moglie erano insomma nella cerchia più stretta dei favoreggiatori del boss, secondo quanto emerso dalle indagini della Dda di Palermo: lo ospitavano nella loro casa, cucinavano per lui, erano un punto di riferimento per sbrigare le sue faccende quotidiane e il suo appoggio durante la convalescenza dagli interventi chirurgici effettuati per rimuovere i due tumori. 


 

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