Julie, vorrei conoscerti meglio: so che arrivi da lontano…
Il mio nome è francese mentre il mio cognome è di origine polacca, e questa combinazione può trarre in inganno; del resto, nemmeno il mio aspetto è di grande aiuto, perché sono di discendenza africana ma ho la pelle bianca. Il background delle persone brasiliane può essere un po’ un rompicapo, difficile da risolvere, ma alla fine eccomi qui: ho lavorato come giornalista a San Paolo, per poi diventare PR Lead Manager di Babbel, la piattaforma di lingue con maggiori incassi al mondo, con sede a Berlino.
Il tuo sogno nel cassetto di quando eri bambina?
In Brasile solo l’1% della popolazione sa parlare fluentemente una seconda lingua. Anche la possibilità di poter viaggiare all’estero è una prerogativa di pochi: le distanze da percorrere sembrano “infinite” e i viaggi sono spesso molto costosi, per cui solamente il 4% di tutti i viaggi effettuati ogni anno dalla popolazione brasiliana hanno, come destinazione, una località straniera. Ecco dunque come è nato il mio sogno: parlare fluentemente più di una lingua, vivere all’estero e viaggiare il più possibile. Trasferirmi a Berlino, lavorare con colleghi e colleghe provenienti da oltre 60 paesi e parlare quattro lingue ogni giorno, per ragioni professionali e personali, rappresenta un traguardo importante per me.
Hai iniziato la tua carriera nel mondo del giornalismo. Dal mondo dell’editoria a Babbel: mi racconti com’è andata?
Ho cominciato a lavorare nel mondo della comunicazione a 20 anni e da quel momento in poi non ho più cambiato settore. La mia carriera ha preso il via grazie a “Editora Globo”, la più grande azienda di comunicazione dell’America Latina. Il vero cambiamento nella mia vita professionale è iniziato però alcuni anni dopo, quando ho lasciato Globo per poter lavorare autonomamente come corrispondente internazionale: dopo essermi occupata della Fiera del Libro di Francoforte, del Festival Internazionale della Letteratura e del Festival della Musica - entrambi a Berlino -, ho deciso di restare ed “immergermi” nel mondo delle start-up della capitale tedesca Ho lavorato in due start-up come Editor e nelle Pubbliche Relazioni per poi entrare a far parte del team di Babbel nel 2017.
Babbel è una realtà vincente: quali sono i punti di forza?
Una delle ragioni che ha portato Babbel a essere un’azienda di successo è la sua natura pionieristica all’interno del mercato delle app. È stata fondata 16 anni fa, nello stesso anno in cui Steve Jobs presentò l’iPhone. Da quel momento si è trasformata in un vero e proprio universo di apprendimento, con corsi dedicati a 14 lingue diverse, curati da più di 180 esperti, podcast originali creati da specialisti del settore e lezioni live con insegnanti certificati. Babbel offre l’esperienza di apprendimento linguistico online più completa in assoluto, il che ha portato, ad esempio, all’inclusione della nostra piattaforma nella prestigiosa classifica della rivista statunitense “Fast Company” “World’s Most Innovative Companies 2023”. Un altro punto di forza è il lato umano di Babbel: in primo luogo l’utente è sempre al centro delle nostre iniziative, l’assenza di elementi terzi o inserzioni pubblicitarie permette di concentrarsi interamente sul successo dei suoi studenti e delle sue studentesse. Inoltre, per quanto riguarda i contenuti offerti, il nostro team crede fortemente nella necessità di creare corsi che riflettano i valori della diversity, dell’uguaglianza e dell’inclusività. Nel fare questo, i nostri linguisti e i team creativi fanno affidamento su linee guida dettagliate e in continuo aggiornamento, che permettono loro di offrire prodotti sempre coerenti con le politiche di DE&I (Diversità, Equità ed Inclusione) abbracciate dall’azienda. Il modello di business, la costante innovazione dei prodotti e i valori di Babbel sono solo alcune delle ragioni per cui l’azienda conta oltre dieci milioni di abbonamenti, rendendo Babbel la piattaforma di apprendimento di lingue online più venduta al mondo.
Essere donna nel mondo del lavoro a volte è complicato. Successo e vita privata: difficile?
Dipende dalla cultura lavorativa in cui ci si trova. A San Paolo, la maggior parte delle persone che conosco - me inclusa - lavorava almeno 50 ore alla settimana, nella convinzione che tutto ciò si sarebbe magicamente tramutato in successo. In realtà molto spesso accadeva l’esatto opposto: il sacrificio si trasformava in disturbi d’ansia e burnout - e non in successo. Credo che una vita professionale soddisfacente non sia solo frutto della propria performance: si tratta di fare del proprio meglio senza rinunciare a un equilibrio sano tra lavoro e vita personale. Per questa ragione, la cultura del lavoro portata avanti in un’azienda è fondamentale: con Babbel, ad esempio, la settimana lavorativa da 40 ore è rispettata in pieno. In più, oltre a orari di lavoro flessibili e ad un approccio favorevole allo smart working, tutti i dipendenti e le dipendenti dispongono di 30 giorni di vacanza all’anno, congedi sabbatici ogni due anni, e fino a tre mesi di “jobbatical” (ovvero smart working da un’altra città europea) all’anno, e infine, numerosi altri benefici e ferie retribuite per i genitori.
Progetti e programmi per il futuro.
Parlando proprio dell’equilibrio vita-lavoro, a partire da questa settimana trascorrerò un mese di “jobbatical” a Tenerife. Da lì continuerò a lavorare con l’obiettivo di trasformare il posizionamento del nostro prodotto: da un’app monofunzione a piattaforma leader nell’insegnamento linguistico che assicuri il successo dei propri studenti e studentesse. Tra i miei altri progetti c’è l’approfondimento delle lingue: vorrei continuare a migliorare il mio tedesco ed approfondire la conoscenza del francese.
Un tuo suggerimento alle ragazze che intendono fare carriera nel mondo del lavoro.
La passione per le lingue e l’abilità di parlarne alcune è un fattore che fa la differenza. Oltre a essere un arricchimento per la propria cultura personale, la conoscenza delle lingue permette a professionisti e professioniste d'informarsi meglio attraverso fonti mediatiche internazionali e, di conseguenza, anche di analizzare meglio l’impatto del proprio settore sul mondo e viceversa. Anche essere consapevoli e capaci di mettere in atto pratiche di sense-making è un’abilità fondamentale che troppo spesso viene data per scontata da aziende e leader. Tuttavia, si tratta di competenze indispensabili se si vuole lavorare in una realtà internazionale, dove è necessario avere spirito critico ed essere in grado di formare la propria opinione in maniera sensibile e informata, il che richiede una certa pratica. Inoltre, avere una grande passione da investire nel proprio settore ed essere allineati con i valori e gli obiettivi della propria azienda può avere una forte influenza non solo sulla vita professionale, ma anche su quella personale.