Nel processo sulla morte di Luca Attanasio, lo Stato italiano (parte civile e da tempo impegnato a livello internazionale contro le sentenze capitali) ha chiesto per gli imputati accusati della morte dell'ambasciatore la condanna alla carcerazione in alternativa alla pena di morte. La richiesta è stata notificata durante l'udienza a Kinshasa dedicata all'arringa della difesa. Martedì l'accusa del Tribunale militare aveva chiesto la pena capitale per i cinque congolesi alla sbarra e un sesto latitante.
Il padre di Luca Attanasio: "Aggiungere morte a morte non serve" -
"Sulla pena per gli imputati è intervenuto anche Salvatore Attanasio, padre dell'ambasciatore ucciso in Congo nel 2021. "Aggiungere morte a morte non serve a nulla. Se non a portare altro dolore. Noi siamo contrari, Luca sarebbe stato contrario". "Siamo contro la pena di morte - ha detto l'uomo, intervistato dal Corriere della Sera -. Lo dicono la nostra Costituzione, il nostro senso civico, la nostra formazione cattolica. Sono gli stessi principi in cui si identificava nostro figlio. La pena capitale non potrà mai alleviare il dolore della nostra famiglia".
"Cercare i mandanti" -
"Il pm in Congo - ha ricordato - ha sostenuto che non si è trattato di un agguato né di un tentativo di rapimento degenerato, come ricostruito inizialmente, ma di una vera e propria esecuzione". Nel caso, osserva, ci sarebbe anche un mandante. "Il 25 maggio, a Roma, è prevista l'udienza preliminare nei confronti di due dipendenti del Pam (il Programma alimentaree mondiale dell'Onu che aveva organizzato la spedizione durante la quale fu ucciso Luca Attanasio, ndr): confido - conclude il padre - che possano emergere molti aspetti chiarificatori".