Restaurare le barriere coralline: l’impegno del Marhe Center alle Maldive
Operare direttamente sulla barriera corallina con tecniche di coral restoration sempre più all’avanguardia
Un argine che protegge la costa dal moto ondoso dell'oceano. Casa-rifugio della biodiversità marina. La barriera corallina è uno degli ecosistemi più fragili della terra. Un ambiente ricco di specie viventi, ben il 25% di quelle marine conosciute vive al suo interno. Un patrimonio sempre più a rischio a causa del cambiamento climatico e dell'innalzamento della temperatura delle acque superficiali. Un problema che non risparmia neanche le Maldive, un vero e proprio paradiso incastonato nel cuore dell'oceano Indiano. Sull’isola di Magoodhoo dal 2009 opera il MaRHE Center, The Marine Research and High Education Center, un distaccamento dell'Università di Milano Bicocca.
“L’Università degli Studi di Milano Bicocca grazie a degli accordi che sono stati siglati con il governo delle Maldive ha la possibilità di fare ricerca all’interno di tremila metri quadrati di campus, dove è possibile fare ricerca ad altissimo livello” spiega Paolo Galli, Direttore del MaRHE Center e professore di ecologia presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Operare direttamente sulla barriera corallina, perché proteggerla non basta più serve agire concretamente per restaurarla.
“A seguito di un declino ormai inesorabile di quasi tutti gli ecosistemi corallini del mondo, stiamo sviluppando una tematica in particolare, quella della Coral Reef Restoration and Rehabilitation. Tecnicamente vuol dire ricostruire fisicamente le scogliere coralline danneggiate. Noi qui alle Maldive lo facciamo però con un approccio scientifico: noi prendiamo le tecniche più comuni già in qualche modo utilizzate e le testiamo per misurare le loro performance quando facciamo crescere i coralli e la sopravvivenza quando poi li andiamo a trapiantare” racconta Simone Montano, Vicedirettore del MaRHE Center.
Le tecniche di Coral Restoration sempre più all'avanguardia del MaRHE Center alle Maldive
Gli studi e la ricerca hanno portato a sviluppare tecniche sempre più all'avanguardia. “Come tecniche principali usiamo quelle che vengono definite di Coral Gardening. Sono tecniche che consistono in due fasi: una prima fase in cui vengono allevati i coralli sott’acqua in delle speciali strutture sommerse chiamate Nursery e una seconda fase in cui questi coralli allevati vengono trapiantati nelle porzioni di reef danneggiate” continua il ricercatore Montano.
Le tecniche di Coral Restoration non sono del tutto efficaci perché comportano l'utilizzo di poche specie di coralli, quelle che presentano una maggior capacità di crescita e resistenza per questo motivo si sono sperimentate nuove tipologie di lavoro che permettono di operare anche sui coralli più fragili. “Qui a Magoodhoo stiamo costruendo quelli che vengono chiamati Coral Trees, delle nursery sviluppate in America per l’area Caraibica e mai utilizzate prima alle Maldive. Sono dei particolari alberelli dove vengono appesi dei coralli a una profondità intermedia, tra i 7 e 10 metri, e che permettono la crescita dei coralli un po’ più delicati” conclude Simone Montano. Tutto questo lavoro essendo in collaborazione con il governo maldiviano ha portato alla stesura di un vero e proprio protocollo di monitoraggio che potrebbe essere replicabile a livello mondiale.
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