Era un'attivista dei diritti umani per l'Onu, per il quale realizzava servizi fotografici sulla condizione delle donne in Afghanistan, Torpekai Amarkhel, la 42enne giornalista afghana morta nel naufragio del barcone a Steccato di Cutro (Crotone). Collaborava anche con la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA). Per questo Torpekai Amarkhel non poteva più vivere a Kabul dove regna il terrore del governo talebano. E proprio per questo aveva intrapreso il viaggio verso l'Europa ed era salita con i suoi famigliari sulla barca che è naufragata il 26 febbraio davanti alle coste calabresi. Una nipotina di 7 anni risulta ancora dispersa.
Sulla barca dei migranti andata distrutta sulla spiaggia di Cutro, dunque, anche la giornalista afghana Torpekai Amarkel e con lei sono deceduti altri tre componenti della sua famiglia, compresi due bambini. Tra l'altro, come ricordato, la bimba di 7 anni in viaggio con loro è ancora tra i dispersi.
Una delle sorelle della giornalista, Mida, giunta a Crotone da Rotterdam, ha dato mandato al pool di legali creato a Crotone per assistere gratuitamente le famiglie delle vittime, di rappresentarla nel procedimento giudiziario che scaturirà dall'indagine in corso alla Procura della Repubblica di Crotone e ha chiesto a uno dei legali, Luigi Li Gotti, di diffondere l'immagine della famiglia distrutta in un momento sereno a Kabul, prima della partenza.
"La sorella di Torpekai, che ci ha chiesto di rappresentarla, - ha scritto in un post su Facebook Li Gotti, - ci ha pregato di pubblicare questa immagine per ricordarla".