LA NOSTRA RECENSIONE

Horizon Call of the Mountain, la magia della VR sbarca su console

Il gioco di lancio principale di PlayStation VR2 è un’esperienza in realtà virtuale che lascia visivamente a bocca aperta

© Ufficio stampa

Horizon: Call of the Mountain è un gioco doppiamente importante. Lo è ovviamente in quanto titolo di punta del neonato PlayStation VR2, ma anche perché a suo modo rappresenta un "kolossal" in VR come non se ne vedevano da tempo, in un periodo avaro di grandi produzioni videoludiche per la realtà virtuale. Bisogna tornare infatti ad Half Life: Alyx, Blood & Truth e Farpoint per ritrovare giochi di grande spessore produttivo in grado di smuovere davvero un mercato ancora di nicchia.

Che Horizon: Call of the Mountain sia a suo modo una mosca bianca nell’odierno panorama dei giochi VR lo si capisce dal primo secondo in cui si indossa PlayStation VR2 e si inizia a giocare nel mondo tra fantasy e distopia di Horizon.

La saga di Guerrilla Games si è ritagliata un posto d’onore nelle grandi produzioni in ambito open-world con due giochi vendutissimi ed enormi a livello di mappa e longevità. Horizon: Call of the Mountain non punta però alle stesse vette visti i limiti intrinseci della VR, proponendo invece un’esperienza di gioco molto più guidata e lineare, fortemente diversa da quella dei due giochi precedenti della serie (e lo si intuisce immediatamente dalla stessa visuale, che passa comprensibilmente dalla terza alla prima persona).

ADDIO OPEN-WORLD -

Eppure, il mondo di gioco, mozzafiato per bellezza e dettaglio grafico dall’inizio alla fine, è proprio quello che abbiamo amato con le avventure di Aloy (che qui vediamo solo di sfuggita) e lo stesso dicasi per i nemici (una sorta di dinosauri meccanici), per la centralità dell’arco come arma principale e per l’atmosfera che si respira.

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Nei panni di Ryas, un Carja delle Ombre ribelle (nonché abile scalatore, arciere e cacciatore) condannato a espiare i suoi crimini unendosi a una spedizione inviata a indagare su una nuova minaccia, dobbiamo soprattutto scalare pareti montuose e, come attività "secondarie", combattere e risolvere semplici enigmi ambientali, mentre lo spazio per l’esplorazione libera è molto limitato seppur non del tutto assente, grazie a bivi che permettono di scoprire qualche area segreta con risorse o collezionabili da raccogliere.

Horizon: Call of the Mountain rimane infatti un’esperienza estremamente guidata e assolutamente lineare, con percorsi obbligati (soprattutto quando si scala) e con una libertà di movimento sacrificata a beneficio della giocabilità e del "benessere" fisico. Ci riferiamo ai combattimenti, durante i quali il movimento libero lascia il posto a sezioni in cui il gioco blocca la visuale sul nemico, o al centro dell'arena, e permette solo lo spostamento laterale. In questo modo, oltre a evitare il rischio che la motion sickness diventi eccessiva (più ci si muove liberamente nell’ambiente di gioco, più si possono avvertire gli effetti della chinetosi), si è più concentrati sui nemici e il coinvolgimento ne guadagna non poco.

SCALARE, CHE PASSIONE -

Parlando sempre di combattimenti, il cui livello di difficoltà è ben bilanciato e non risulta mai troppo tarato verso il basso o al contrario frustrante, l’utilizzo dell’arco (una delle armi più gettonate in assoluto nei giochi VR) funziona a meraviglia come naturalezza dei movimenti delle braccia e semplicità di utilizzo, con tanto di frecce potenziate in vari modi che permettono d'impostare anche un po’ di tattica negli scontri. Sinceramente, avremmo voluto molte più sezioni di questo tipo e meno frangenti di rampicata, che rappresentano il fulcro del gameplay.

Il sistema adottato dagli sviluppatori ricorda molto da vicino quello di The Climb (creato da Crytek nel 2016 e incentrato proprio sulle scalate di pareti rocciose) e di fatto non inventa nulla. La scalata di Horizon rappresenta un’attività sicuramente piacevole e spettacolare (soprattutto quando ci si guarda intorno), nonché soddisfacente quando si utilizzano le picozze e si ha davvero la sensazione di conficcarle nella roccia. Si tratta tuttavia di sezioni totalmente guidate in cui bisogna seguire un unico percorso possibile: dopo la ventesima scalata si inizia ad avvertire una certa ripetitività di fondo, nonché una certa stanchezza fisica alle braccia optano per sessioni di gioco particolarmente lunghe.

Questo sbilanciamento verso le scalate è però anche l’unico vero limite di un certo peso di un’esperienza in VR altrimenti eccellente. Gli stessi controlli, ampiamente personalizzabili per chi fosse più o meno sensibile alla motion sickness, funzionano quasi alla perfezione. "Quasi" perché la gestione dell’inventario poteva essere resa più semplice e immediata, ma per il resto, che giochiate seduti (muovendovi con lo stick del controller) o preferiate stare in piedi utilizzando di più il corpo, muoversi e interagire in Horizon Call of the Mountain è qualcosa che gli sviluppatori hanno implementato in modo assolutamente convincente.

VIVERE NELLA REALTÀ VIRTUALE -

Nel corso dei nostri test, abbiamo preferito giocare in piedi e spostarci più liberamente mimando la camminata e altre azioni, mentre sfruttando lo stick analogico si avverte un po’ di motion sickness, ma è chiaro che non tutti abbiamo a disposizione un’area di gioco molto ampia e che molti troveranno meno stancante e più rilassante giocare da seduti. In ogni caso, come già detto, il sistema di movimento può essere modificato in molti suoi elementi per adattarsi a varie esigenze.

In oltre otto ore di gioco non si avverte mai l'esigenza di smettere di giocare per fastidi fisici particolari; emerge semmai un po' di stanchezza alle braccia e alle gambe, mentre dopo un po' il peso del visore inizia a farsi sentire (effetti comunque inevitabili quando si gioca in VR). Se otto ore possono sembrare poche per un gioco venduto a prezzo pieno, bisogna precisare che se avete voglia di esplorare davvero tutto e di portare a termine tutte le sfide disponibili, dovete mettere in conto almeno altre 3-4 ore e, in ogni caso, nessun gioco in realtà virtuale ha mai brillato per longevità rispetto alle controparti tradizionali.

Resta comunque il fatto che entrare nel mondo di Horizon: Call of the Mountain, maneggiare oggetti, abbattere i nemici a suon di frecce, godere di cotanta grafica e vivere un’esperienza in realtà virtuale con davvero pochi concorrenti allo stesso livello non può che fare un gran bene a PlayStation VR2 e al mondo della VR in generale.

Come lo abbiamo giocato

La nostra prova di Horizon Call of the Mountain è avvenuta su PlayStation VR2 (collegata naturalmente a PlayStation 5): il gioco ci ha tenuti compagnia per circa otto ore, anche se completare tutto al 100% vi porterà via qualche ora in più. Abbiamo giocato quasi sempre in piedi scegliendo il sistema di controllo più realistico (senza avvertire quasi mai accenni di motion sickness), ma volendo si può giocare anche da seduti e scegliere diverse opzioni per limitare questi fastidi.


Può piacere a chi…
… vuole entrare nel mondo della realtà virtuale con una delle produzioni più imponenti di sempre
… è un fan di Horizon e vuole immergersi totalmente nel suo mondo di gioco
… è appassionato di realtà virtuale e si è divertito a scalare o usare arco e frecce in altri giochi VR

Potrebbe deludere chi…
… si aspettava un’altra esperienza open world considerando i due precedenti giochi della serie
… non gradisce più di tanto passare molto tempo a scalare
… sperava di giocare nei panni di Aloy e di continuare la trama principale della serie

Horizon: Call fo the Mountain è un gioco consigliato ai maggiori di 12 anni.