NEL SISTEMA C'ERA UNA FALLA

Matteo Messina Denaro, da Fragolone a Condor: i nomi in codice nei "pizzini" del boss

Non tutti i messaggi sono stati distrutti dopo la loro lettura: questo errore ha consentito ai carabinieri di acquisire preziosissimi elementi probatori

Anche Matteo Messina Denaro, come tutti gli storici latitanti mafiosi costretti a trovare il modo per comunicare nonostante la vita alla macchia, usava i "pizzini". Decine quelli scoperti dopo l'arresto dell'ex latitante. Messaggi arrotolati, sigillati con il nastro adesivo, spesso avvolti in piccoli pacchetti, e indirizzati a destinatari indicati con nomi in codice di "Fragolone (soprannome della sorella Rosalia, arrestata dai carabinieri per associazione mafiosa), Fragolina, Condor, Ciliegia, Reparto, Parmigiano, Malato, Complicato, Mela".

La falla nella catena di fedelissimi -

 I "pizzini" venivano veicolati attraverso una catena, più o meno lunga, di fedelissimi, che lo stesso boss, nei suoi scritti, definiva "tramiti". Nel sistema del latitante finora ancora più impenetrabile di quello degli altri capi, però, c'era una falla. Per anni Messina Denaro ha adottato mille cautele, prima fra tutte quella di non lasciare traccia dei biglietti che venivano rigorosamente distrutti dopo la lettura.

L'errore del boss -

 Stavolta però il boss è stato il primo a non osservare la regola "avendo la necessità di dialogare in termini più brevi e con minori precauzioni con i suoi familiari, - scrive il gip di Palermo - e talvolta di conservare la posta, soprattutto quella in uscita, come promemoria delle innumerevoli faccende che gli venivano sottoposte".

L'errore della sorella Rosalia -

 Un errore che ha commesso anche la sorella Rosalia che, si legge nella misura cautelare, "ha colpevolmente evitato di distruggere alcuni dei 'pizzini' ricevuti dal fratello o comunque, ne ha trascritto il contenuto su appunti manoscritti e occultati nella sua abitazione a Castelvetrano e nella sua casa di campagna a Contrada Strasatti di Campobello di Mazara". Errori che hanno consentito ai carabinieri di acquisire "preziosissimi elementi probatori da cui potere documentare con certezza il ruolo di tramite e di fedele esecutrice degli ordini del latitante svolto dalla donna nel corso di diversi anni".

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