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Covid, chiusa a Bergamo l'inchiesta sulla gestione della prima ondata: indagati anche Conte e Speranza

Secondo la Procura di Bergamo, "il disastro si sarebbe potuto evitare". Nel registro compaiono anche i nomi di Attilio Fontana, Giulio Gallera, Silvio Brusaferro, Franco Locatelli, Agostino Miozzo e Angelo Borrelli

L'inchiesta sulla prima ondata Covid condotta dalla Procura di Bergamo giunge alla conclusione. Tra gli indagati figurebbero l'allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, l'ex ministro della Salute Roberto Speranza, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e il suo ex assessore al Welfare Giulio Gallera. Nel registro compaiono anche il presidente dell'Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, il coordinatore del primo Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo, l'allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli e il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli. Secondo i pm bergamaschi, "il disastro si sarebbe potuto evitare".

Le posizioni di Conte e Speranza saranno trasmesse al Tribunale dei ministri, che dovrà valutare gli atti a loro carico. Non figurano, dunque, nell'avviso di conclusione indagini, non ancora notificato agli altri 17 indagati, tra cui ci sono pure alcuni ex dirigenti del Comitato tecnico scientifico e Francesco Maraglino, ex direttore dell'Ufficio 5 - Prevenzione delle Malattie trasmissibili e Profilassi internazionale.

A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia che, tra febbraio e aprile 2020, ha straziato il territorio di Bergamo con oltre 6mila morti in più rispetto alla media dell'anno precedente, la Procura ha chiuso l'inchiesta. Le ipotesi di reato sono di  epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti d'ufficio e falso.

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Le indagini  Al di là del numero degli indagati e dell'eventuale invio di alcuni filoni ad altre Procure, gli accertamenti, che si sono avvalsi di una maxi-consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo dell'Università di Padova e ora senatore del Pd, hanno riguardato tre livelli. Uno strettamente locale, uno regionale e il terzo nazionale. L'inchiesta, che già contava alcuni indagati come i vertici dell'Ats di Bergamo e dirigenti dell'assessorato regionale alla Sanità, come scrive in una nota il Procuratore Chiappani, "sono state articolate, complesse e consistite nell'analisi di una rilevante mole di documenti" informatici o cartacei "nonché di migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall'attività investigativa, oltre che nell'audizione di centinaia di persone informate sui fatti".

Dalle morti in Rsa alla zona rossa  Nel mirino degli inquirenti e degli investigatori della guardia di finanza sono finiti non solo i morti nelle Rsa della Val Seriana e il caso dell'ospedale di Alzano chiuso e riaperto nel giro di poche ore, ma soprattutto la mancata istituzione di una zona rossa uguale a quella disposta nel Lodigiano. Sotto la lente delle autorità anche i mancati aggiornamenti del piano pandemico, fermo al 2006, e l'applicazione di quello esistente anche se datato che comunque, stando agli elementi raccolti, avrebbe potuto contenere la trasmissione del Covid.

Le famiglie delle vittime: "Pm onorano chi non c'è più"  "Ringrazio a nome dei familiari la procura di Bergamo che con questi risultati di indagine dà onore ai deceduti - commenta l'avvocato Consuelo Locati, referente del team legale dell'associazione dei familiari delle vittime del Covid 'Sereniesempreuniti' -. Noi familiari delle vittime ci abbiamo sempre creduto, la procura di Bergamo è stata l'unica istituzione che ha ascoltato la nostra voce".

"Si riscrive la storia della strage"  "Da oggi - si legge in una nota dell'associazione - si riscrive la storia della strage bergamasca e lombarda, la storia delle nostre famiglie, delle responsabilità che hanno portato alle nostre perdite. La storia di un'Italia che ha dimenticato quanto accaduto nella primavera 2020, non a causa del Covid19, ma per delle precise decisioni o mancate decisioni".

Fontana: "So dai giornali di essere indagato, una vergogna"  "È vergognoso che una persona che è stata sentita a inizio indagine come persona a conoscenza dei fatti scopra dai giornali di essere stato trasformato in indagato". A dirlo è il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, secondo cui "è una vergogna sulla quale non so se qualche magistrato di questo Paese ritiene di indagare. Sicuramente non succederà niente". 

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