Una 23enne di Genova, Sofia Sacchitelli, studentessa di Medicina al quinto anno, è affetta da una rara malattia: un angiosarcoma cardiaco, un tumore al cuore molto aggressivo. Nel tempo da vivere che le resta, la giovane vuole aiutare "i malati del futuro": per questo, ha fondato l'associazione "Sofia nel cuore" con l'obiettivo di raccogliere fondi per finanziare la ricerca sul male che l'ha colpita. "Non lo faccio per me. Tra un po' morirò. Mi sono data anima e corpo al progetto che avevo in testa. Non è stato semplice ma ce l'ho fatta. L'associazione a cui ho dato vita è una bella realtà. E forse, in un certo senso, anche il mio futuro", ha dichiarato Sofia al Corriere della Sera. "Il mio sogno sarebbe che nessuno mai più ricevesse una sentenza di morte come è capitato a me e a tutte le persone che hanno lottato contro la stessa malattia", ha scritto inoltre su Instagram.
Il racconto - Sofia ha raccontato la sua storia attraverso un post pubblicato sulla pagina Instagram dell’associazione. "Il 10 novembre 2021 ho scoperto che l’atrio destro del mio cuore ospitava un’enorme massa di cellule tumorali maligne chiamata angiosarcoma cardiaco, tumore molto aggressivo e attualmente considerato a prognosi infausta. Patologia talmente rara e assurda, con quota di circa 2-3 casi per milione di abitanti, tanto da ritenermi quasi 'fortunata' ad esserne stata colpita. Mi ci sono voluti diversi mesi per riuscire a pronunciare quell’orrenda parola senza la voce tremolante e senza essere percossa da un brivido lungo la schiena" ha scritto la 23enne.
"Parto dal presupposto che la mia filosofia di vita fin da piccola, ogni volta che mi capitava qualcosa che mi faceva sentire sfortunata, oppure che ritenessi ingiusta, è sempre stata 'le tragedie nella vita sono altre'. In seguito alla diagnosi e dopo essere stata dichiarata l'inoperabilità del mio tumore, vista la sede e di conseguenza l’impossibilità di asportare l’organo, mi è risultato più difficile applicare la mia filosofia. Dopo un iniziale momento di rabbia e sconforto ho cercato, tra un ciclo di chemioterapia e l’altro, di continuare a condurre una vita il più normale possibile, per il bene e la salute mentale mia e della mia famiglia. Già la vita è breve e se la mia lo è ancora di più, meglio godersela e fare ciò che ti rende felice" ha aggiunto.
"Sempre circondata dal supporto dei miei genitori, di mia sorella Ilaria, del mio ragazzo Nicolò e dei miei amici più cari, ho vissuto il mio percorso di cura nel modo più sereno possibile. La malattia mi ha permesso di provare sensazioni mai conosciute prima, non solo negative; di scoprire la personalità e la profonda sensibilità di alcuni, a differenza di altri che invece si sono tirati indietro, non sapendo come affrontare la situazione, ma che comunque non condanno. Oggi non sono qui a lamentarmi di quanto il cancro faccia soffrire o quanto sia stata sfortunata ad esserne colpita perché purtroppo ogni giorno migliaia di bambini, ragazzi e giovani adulti come me combattono duramente le loro battaglie", ha sottolineato Sofia.
"Ho sempre amato la vita, adoravo riempirmi le giornate di impegni e circondarmi di persone positive. Non ho mai avuto rimpianti e grazie al sostegno e ai sacrifici dei miei genitori sono sempre riuscita a fare tutto ciò che mi rendesse felice e mi facesse stare bene. Il destino purtroppo mi ha impedito di realizzare tutti i progetti che avevo in mente: diventare medico, sposarmi, avere dei bambini, passare dei momenti con le persone che amo, andare a vedere la Samp con mio papà e mia sorella, viaggiare, accudire i miei genitori da anziani e invecchiare. Il pensiero più angoscioso e tormentoso per me rimane il fatto che due genitori rimarranno senza la loro creatura, una ragazza senza la sua adorata sorella minore e un ragazzo senza l’amore della sua vita; a questo non riuscirò mai a trovare una giustificazione che mi dia pace", ha continuato.
Ora l'"unico e vero” desiderio di Sofia è quello di "fare anche solo un piccolissimo passo avanti nella ricerca e sulle conoscenze di una malattia estremamente rara come l’angiosarcoma cardiaco. Avendo colpito me personalmente mi riesce veramente difficile rimanere indifferente; soprattutto per tutte le persone e le famiglie che si sono sentite spaventate, abbandonate e sconfortate al momento della diagnosi, come è capitato a noi. Tutto questo ovviamente è alimentato dal fatto che sono una studentessa di Medicina e dalla mia profonda fiducia nella ricerca. Magari non darà risultati grandiosi, ma vorrei comunque provarci", ha spiegato.
"Il mio sogno sarebbe che nessuno mai più ricevesse una sentenza di morte come è capitato a me e a tutte le persone che hanno lottato contro la stessa malattia. Sono perfettamente consapevole del fatto che gli studi di ricerca si concentrino di più sui tumori con incidenza maggiore sulla popolazione, come è logico che sia. Quello che ho deciso di realizzare è una raccolta fondi in cui verserò tutti i miei risparmi guadagnati da studentessa lavoratrice. Chiunque vorrà potrà contribuire, anche in minima parte, a raggiungere questo obiettivo. La raccolta sarà finalizzata a studi di ricerca sugli angiosarcomi realizzati da parte dell’Italian Sarcoma Group per permettere una cura e una qualità di vita migliori nei pazienti affetti da questa patologia. Concludo citando una frase di John Lennon: ‘La vita è ciò che ti succede mentre sei occupato a fare altri piani'", ha concluso.
I sintomi e le cure - "Il primo sintomo che ho avuto è la tosse - ha inoltre raccontato Sofia al Corriere -. Ho pensato di aver preso freddo. Poi è comparsa la febbre. Dopo qualche giorno la nausea e il vomito. Tutti sintomi aspecifici, si chiamano così. Ho perso peso e le gambe si sono gonfiate". Poi la diagnosi. Considebrando che non ci sono stati altri casi in famiglia, la giovane ha chiesto una spiegazione all'oncologa e quest'ultima ha risposto: "Solo sfiga". Così, Sofia ha iniziato le cure, prima a Genova, poi al Niguarda di Milano e successivamente in un centro di Aviano. Inizialmente, il suo corpo ha reagito bene, ma dopo un po' il tumore è tornato a espandersi, anche ai polmoni. In questa occasione la giovane ha pensato di interrompere le cure.
"Ero depressa e avevo attacchi di panico. La famiglia s'è riunita. La mamma era l'ottimista. 'Provaci ancora', mi incoraggiava, 'non restare con il dubbio, magari funziona'. Dall'altra parte mio padre, il pessimista. Diceva che non c'era più niente da fare. È stata la dottoressa a convincermi che avrei dovuto andare avanti con la chemio. Cedere sarebbe come una sconfitta. Credo nel destino. Ognuno di noi ne ha uno", ha aggiunto Sofia, che comunque ha capito di non avere più speranze di vita. "È una frase terribile da sentire, da pensare. Ma allo stare a casa a piangere o deprimermi preferisco trascorrere il tempo che mi resta con le persone. Stare con gli amici è bello. Mi è sempre bastato. È bello alzarsi ogni mattina per andare all'università, studiare il pomeriggio, buttarsi in palestra. La mia normalità. Ero felice. Vorrei vivere ancora una giornata così", ha concluso la 23enne.