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Un anno di guerra in Ucraina: a che punto siamo e come ci siamo arrivati

Un altro 24 febbraio di guerra è arrivato e ci ha riportato indietro di un secolo, con le trincee del '15-'18 e i tank della Seconda Guerra Mondiale. Come e quando finirà il conflitto? Analisi e scenari

La guerra in Ucraina compie un anno. La trincea, il carro armato, l'elmetto, il fucile, le bombe, i soldati come d'autunno sugli alberi le foglie, le stragi di civili. Lampi di un passato che pensavamo appartenere solo ai libri e alle rughe dei nonni. Da un anno siamo ripiombati indietro di un secolo, persi nella nebbia della guerra che oggi è (ancora) d'Ucraina e ieri era Mondiale. La retorica bellica non consente di sfuggire allo schema perdenti-vincitori. Quando il conflitto finirà, ci sarà qualcuno che ha vinto e qualcun altro che ha perso. La Russia non può permetterselo, piuttosto implode. "È una guerra esistenziale", ha tuonato Putin. Per l'Ucraina invasa e devastata lo è letteralmente, una guerra per l'esistenza. Dopo 365 giorni di distruzione, migliaia di morti, torture, orrore, crimini di guerra e propaganda efferatissima, a che punto siamo? Cosa vogliono ucraini e russi per porre fine alle ostilità una volta per tutte?

Un anno di guerra in Ucraina

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La battaglia alla morte, da "non un passo indietro" come a Stalingrado 80 anni fa, che sta insanguinando le macerie di Bakhmut è l'immagine tragicamente perfetta della guerra russa: un obiettivo politico senza alcun valore strategico o militare. Dati inizialmente per vincitori, figurarsi se non con un piano a prova di nemico, con una guerra lampo pensata per rovesciare il governo ucraino, i russi si sono invece dimostrati poco saldi nelle loro azioni belliche. "On s'engage et puis on voit" ("si comincia e poi si vedrà" era il mantra di Napoleone (che in Russia conoscono bene): le derniere empereur era convinto dell'inutilità, e anzi della pericolosità, di escogitare una strategia prima di vedere come evolve la battaglia sul campo. I russi hanno applicato il principio, forse convinti della loro superiorità. A grandi linee avevano stabilito le direttrici dell'avanzata e le tappe della conquista, ma hanno sbattuto il muso contro la resistenza ucraina, supportata da intelligence e armi occidentali.

Un anno di guerra in Ucraina, la timeline

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Stallo militare: le difficoltà russe  Nella primissima fase dell'invasione russa i vecchi tank T-62 erano stati in gran parte annientati dai Javelin ucraini, il lanciamissili a spalla che già in Siria (come nella Guerra del Kippur del '73, del resto) ha reso anche la fanteria un nemico temibilissimo per i mezzi corazzati. Dopo 10 mesi l'arsenale russo è diventato di prim'ordine: supercaccia da combattimento di 5 generazione Sukhoi Su-57, droni, navi, moderni carri armati T-14, missili a lungo raggio. Sulla carta Mosca ha tutto l'occorrente per annientare una piccola nazione come l'Ucraina in pochi giorni. Perché non ci è riuscita? Domanda semplice, risposta complessa. Innanzitutto per il supporto occidentale agli ucraini in ambito di intelligence, armamenti e addestramento, e per il ruolo chiave dell'Osint (Open source intelligence) americana, che già dal novembre 2021 aveva analizzato nel dettaglio le operazioni militari russe al confine. Sapere tutto in anticipo fa parecchia differenza in battaglia. Da lì la scelta ucraina di mettere in atto una tattica di azioni dispersive e mirate (in inglese shoot and scoot, letteralmente "colpisci e fuggi") che ancora oggi fa la differenza nelle azioni di guerriglia nelle città ridotte a scheletri edilizi. L'uccisione di una ventina di generali russi e l'assenza di azioni coordinate terra-aria-mare hanno fatto saltare lo scacchiere del Cremlino. Infine la vendita delle armi migliori all'estero, come confermato da generali indiani, e la corruzione dilagante hanno fatto il resto. Esaminando i primi carri armati russi distrutti a marzo 2022, si è visto che le torrette dei mezzi erano prive di componenti fondamentali. Qualcuno si è intascato i fondi, lasciando l'allestimento incompleto.

Ucraina contro Russia: chi è più forte?  La Russia però insiste nella sua "operazione militare speciale", incapace di accettare una sconfitta tattica sul campo dopo averne già subita una strategica finendo preda consapevole della Cina, approdo privilegiato e a buon mercato dei combustibili fossili e del grano di cui l'odiato vicino è ben fornito. Gli imperi russo e cinese non si amano, ma hanno un altro impero come nemico comune: gli Stati Uniti. Sono tutti d'accordo, a quei livelli, che solo Washington possa mettere la parola fine a questo conflitto. Attraverso il suo braccio armato, la Nato, e il suo braccio politico, l'Ue, nel Vecchio Continente. Finché uno dei due schieramenti sarà convinto di poter migliorare la propria condizione sul campo di battaglia, la pace resterà soltanto un miraggio. Da un lato c'è una Russia forse sovrastimata nelle sue capacità militari, che sulla carta spende per la Difesa poco più di quello che spende l'Italia. Dall'altra c'è un'Ucraina dipendente al 100% dalle armi occidentali, come dimostra un dato su tutti: fin dalle prime settimane di guerra, l'Ucraina utilizza in media 5-6mila granate al giorno. Tradotto: ogni dieci giorni consumano la quantità di granate che gli Usa producono in un anno. Per la Russia si calcolano 60mila granate al giorno. Una potenza di fuoco da vittoria lampo, ma che comporta un consumo molto superiore rispetto a quanto non riesca a rifornire o reperire sul mercato, con lo spettro dello spegnimento graduale di tutte le sue capacità di colpire.

Grande offensiva russa in vista?    Secondo Kiev, e non solo, la Russia sta pianificando una grande offensiva a un anno dall'invasione. Dopo la mobilitazione parziale di 300mila uomini avvenuto a settembre 2022, il Cremlino sarebbe vicino nei fatti a quella che sembra una mobilitazione generale in piena regola, che ha portato i disponibili vicini alle 500mila unità. Un segnale di quest'intenzione arriva dall'intelligence britannica, secondo cui il 22 gennaio 2023 le guardie di frontiera russe hanno vietato il doppio passaporto ai lavoratori migranti kirghisi, impedendogli di lasciare la Russia e affermando che i loro nomi erano presenti nelle liste di mobilitazione.

La battaglia dei carri armati  C'è poi la questione dei carri armati. Nel medio e breve termine gli ucraini riceveranno, a conti fatti, circa un centinaio di tank occidentali, tra cui i letali Leopard 2. Una tipologia di mezzo bellico che svela una tattica precisa: guidare con precisione l'artiglieria mentre avanzano le brigate di fanteria meccanizzata. Nonostante le richieste e il clamore mediatico, quest'arma non riuscirà a eliminare lo stallo. Da un lato la Russia avrebbe enormi difficoltà a fermare un'avanzata del genere, dall'altra gli ucraini non riuscirebbero comunque a ricacciare completamente i nemici da tutti i territori ucraini occupati. In questo senso appare ancora più strategico il corridoio di Mariupol sul Mar d'Azov, che potrebbe essere effettivamente liberato concentrando gli sforzi, tagliando così fuori la Russia dalla catena di comunicazione diretta con l'annessa Crimea. Quest'ultima però rimarrebbe in mano russa.

L'Ucraina sta vincendo?  Al momento di sicuro non sta perdendo, ma le cose non sembrano andare bene se si analizza bene la situazione sul terreno. Sul terreno invece è tutto un altro discorso. Partiamo proprio dai carri armati. Zelensky ne chiedeva circa 300, mentre ne arriveranno "sparsi" un centinaio, con gli Abrams americani che devono ancora essere prodotti. I tedeschi hanno detto che ne invieranno personalmente poco più di 10, consentendo però ad altri Paesi di fornire i Leopard nella loro disposizione. La Germania ha infatti il diritto di bloccare la cessione a terze parti dei panzer che ha prodotto. Senza contare che i Leopard 2 non sono gli Abrams, come si è visto ad esempio nel 2016, quando la Turchia li fece avanzare in Siria, nei pressi di Aleppo, per poi vederli distrutti dai guerriglieri dell'Isis. Anche con l'ausilio di missili di produzione russa, tra l'altro. Da parte russa ci sono sì tank meno tecnologici, ma c'è un esercito molto ampio che si va ingrossando e che potrebbe vedere la mobilitazione di altri 700-800mila militari in primavera, secondo quanto mormorato dal ministero degli Esteri russo. Occorre andare al di là della nebbia della guerra, alimentata da ambo le parti tramite la propaganda. Nell'ultima settimana di gennaio gli Stati Uniti, come ha riportato anche la Cnn, hanno invitato lo Stato maggiore ucraino a lasciare Bakhmut e ritirarsi a sud, lasciando perdere il Donbass e puntando piuttosto a Kherson. Gli americani faticano molto più di prima a tenere compatto il fronte occidentale, soprattutto a causa del dialogo a tratti drammatico con la Germania. Al Forum di Davos il cancelliere Scholz ha alzato la voce con alcuni parlamentari statunitensi, dicendo che Berlino invierà i Leopard quando gli Usa invieranno gli Abrams e, dunque, ottenendo una concessione.

Fotogallery, un anno di guerra in Ucraina: tutti i numeri

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Il ruolo delle forze aeree  Il futuro del conflitto sembra doversi giocare su quella "sinergia" tra i reparti dell'esercito accennata poco più su e, in particolare, sull'utilizzo delle forze aeree. Finora la Russia le ha tenute negli hangar, ma adesso sta pianificando azioni coordinate fra offensive di terra e aviazione. Per non parlare delle navi e dei sottomarini nucleari, avvistati sia nel Mar Nero sia nel Baltico. L'Ucraina chiede da tempo jet militari, in primis gli ormai celebri F-16, ma resta l'incognita addestramento. In condizioni normali ci vogliono almeno nove mesi per padroneggiare la tecnologia Patriot, e alcuni gruppi ucraini sono addirittura volati negli Usa per imparare.

Cosa vuole la Russia  Sui legami culturali e sociali strettissimi tra Ucraina e Russia è stato detto tutto. Senza quell'estero vicino, quella pianura fertile e sterminata in cui combattere lontano dal cuore della nazione (Mosca), la Federazione si sente nuda e vulnerabile. Le invasioni terribili lungo la linea della Storia non contraddicono: l'Orda d'Oro mongola, Napoleone, Hitler. Non si incontrano ostacoli orografici dalla Germania al Donbass. Secondo Sergej Markov, ex consigliere di Putin e direttore dell'Istituto di Ricerche Politiche di Mosca, i 450mila soldati russi pronti ad attaccare avranno presto o tardi armi sufficienti per liberare la maggior parte del territorio. "Kramatorsk è abitata al 90% da russi che vorrebbero vivere in Russia". I confini dell'ideale avanzata russa non si limitano alle quattro regioni al momento occupate da Mosca, che già compaiono nei libri di teste dells cuole come province russe, ma tutte le zone i cui abitanti "saranno contenti di accogliere il controllo russo". Questa preferenza, manco a dirlo, "verrà espressa tramite un referendum libero per l'annessione alla Federazione". Per sapere quali sono le regioni, guardate le statistiche delle elezioni prima del 2014. La Russia punta dunque a una restaurazione in piena regola, con un'Ucraina russa come all'epoca degli zar prima di Lenin e non un'Ucraina neutrale come l'Austria, come negli accordi mai di fatto rispettati né ufficializzati con la Nato.

Quando e come finirà la guerra?  Le vera domande restano queste. La prima è davvero impossibile. La seconda pure. Il primo scenario è lo "sfinimento": un cessate il fuoco dettato dai fatti, come accaduto diverse volte dal 2014, anno del primo vero scoppio della polveriera Donbass. Con una conseguenza quasi certa: il ritorno alle armi con un nuovo pretesto, perché la contesa tra le due nazioni rimane irrisolta. Il secondo scenario riguarda una "sterzata": ormai non si contano più gli annunci di golpe in Russia per deporre Putin o quelli in Ucraina per un intervento diretto della Nato nel conflitto. Questo cambierebbe tutto. C'è poi lo scenario "coreano", delineato fin dai primi giorni di guerra: un'Ucraina divisa con un fronte cristallizzato, col Donbass e la Crimea che passano alla Federazione Russa (con gli oblast di Kherson e Zaporizhzhia). La via d'uscita auspicata da Kiev è invece il ritorno ai confini del 24 febbraio 2022, prima dell'invasione. Questo è un terzo scenario, che ammette però che la Russia accetti la sconfitta e l'Ucraina l'eventualità che una vittoria totale non è possibile. Per arrivare a un vero negoziato servirebbe giungere a un compromesso Kissinger, in cui l'Occidente sia pronta ad abbracciare una Russia senza Putin nella sfera europea, garantendo all'Ucraina la sicurezza. Consapevoli che in una battaglia di logoramento l'Ucraina esaurirà per prima le forze. Putin non può permettersi altri passi indietro, pena la fine politica sua e della Russia che ha costruito nel corso di un ventennio. Una Russia che ha l'arma atomica da giocare come ultimissima carta. Dopo un anno, i "se" e i "ma" sono ancora troppi. Il dolore e la morte ancora di più.

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