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Putin revoca il decreto sulla sovranità della Moldavia: cos'è e cosa succede ora

Mosca annulla il trattato sul futuro della Transnistria, piccola striscia moldava separatista al confine con l'Ucraina, sostenuta da Mosca e in cui sono presenti 1.500 soldati russi. I perché della crisi e gli scenari

Ansa

Vladimir Putin ha revocato un decreto del maggio 2012 che sosteneva la sovranità della Moldavia, rinnovando le mire russe sul Paese confinante con l'Ucraina. Il documento fu redatto nell'ambito della "misure di attuazione della politica estera della Federazione Russa", con un focus particolare sulla Transnistria, regione separatista filo-russa sostenuta da Mosca che ospita truppe russe proprio a ridosso della frontiera "calda". La domanda vera è: cosa succede ora? Come va interpretata la mossa del Cremlino? E, ancora, in cosa consiste questo decreto annullato?

Il decreto annullato  Dopo aver accusato ancora una volta l'Occidente di aver iniziato il conflitto in Ucraina, il presidente russo devia prepotentemente dagli obiettivi, sottoscritti 11 fa, di cooperazione con la Ue per la creazione di "un unico spazio economico e umano dall'Atlantico all'Oceano Pacifico" e lo sviluppo delle "relazioni con la Nato". Uno dei punti più urgenti era proprio la "soluzione del problema della Transnistria basato sul rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale" della Moldavia. Tutto annullato, di colpo. Così il conflitto congelato tra la Moldavia e la Transnistria, come gli altri nelle regioni ex sovietiche sul Mar Nero (e come quello del Donbass dal 2014), minaccia di far esplodere un'altra polveriera.

Cosa vuole la Russia  I media internazionali,  Guardian in primis, hanno sottolineato il forte rilancio da parte russa di una campagna ibrida che riguarda la Moldavia, Paese strategico per le sorti della guerra in corso. Alcuni riferiscono anche della pianificazione di un colpo di Stato sostenuto da Mosca per installare un regime "amico" nella piccola nazione confinante con l'Ucraina. Un indizio a sostegno di questa tesi si osserverebbe nelle dimissioni a inizio febbraio del governo filoeuropeo moldavo, che non ha retto al peso della crisi socio-economica (profondissima) e politica aggravatasi nel Paese dopo il 24 febbraio 2022. Le pressioni interne ed esterne hanno inferto il colpo di grazia alla premier Natalia Gavrilita, sostituita da Dorin Recean. Una scelta che mantiene tuttavia la linea filo-Ue (e antirussa) della presidenza di Maia Sandu, e che risulta dunque "scomoda" al Cremlino. Il 13 febbraio lo stesso presidente moldavo aveva denunciato pubblicamente l'esistenza di un piano russo per sovvertire il governo dall'interno, con agenti stranieri sotto copertura.

Le ragioni storiche  L'integrità territoriale della Moldavia, Paese post-sovietico formalmente neutrale e candidato all'adesione all'Ue, è messa a dura prova dal 1990 dalla Repubblica di Transinistria, territorio de facto indipendente e sostenuto da Mosca. Non a caso trent'anni fa gli scontri che portarono a questo stato di cose sono chiamate "Guerra di Transnistria". Questa piccola striscia, disegnata dal corso del fiume Dnestr e dai confini dell'oblast ucraino di Odessa, dopo la Prima Guerra Mondiale era parte della Repubblica di Ucraina, per poi diventare nel 1924 un'entità politica autonoma detta Repubblica Socialista Sovietica Autonoma Moldava con capitale Tiraspol, ma sempre all'interno dell'Ucraina comunista. La Moldavia, definita allora Bessarabia, invece era inglobata nell'attuale Romania. Il patto Molotov-Ribbentrop, firmato da URSS e Germania nazista, determinò l'occupazione sovietica della Bessarabia, della Bucovina nord e la creazione della RSS di Moldavia nel 1940. La Transnistria venne inglobata nella neonata repubblica socialista. Col crollo dell'Unione Sovietica, la Moldavia dichiarò la propria indipendenza e definì "nullo" il patto di mezzo secolo prima.

Perché la Moldavia  Le cause della crisi in Moldavia, appena 2,5 milioni di abitanti e il Pil pro capite più basso in Europa, sono legate in gran parte alle azioni russe. Dal punto di vista energetico, il Paese è infatti totalmente dipendente dalle forniture russe, che sono state limitate dal Cremlino. Il tasso d'inflazione è schizzato al 30% e le bollette del carburante sono arrivate quasi all'equivalente di una pensione mensile minima. La Moldavia è anche da tempo bersaglio di attacchi informatici e della pressante disinformazione veicolata dai media filorussi. Il tutto aggravato dall'arrivo di oltre 700mila rifugiati ucraini da inizio guerra. La Russia ha poi bloccato anche le importazioni del vino moldavo, il principale prodotto del settore agroalimentare del Paese. I cittadini moldavi hanno quasi tutta la doppia (o tripla) cittadinanza, essendo la popolazione divisa quasi equamente tra ucraini, moldavi e russi, e possono attraversare il confine con la Moldavia. Anche dal punto di vista economico la relazione con l'Europa rimane forte: circa il 70% dell'export di Tiraspol si dirige verso l'Ue grazie agli accordi tra Bruxelles e Chisinau (Dcfta).

Transnistria strategica  Nel territorio della Transnistria separatista sono stanziati circa 1.500 soldati russi, proprio a un passo dall'Ucraina. Il valore strategico di questa repubblica indipendentista non è solo geografico. Nei calcoli di Mosca, il congelamento dei conflitti nella zona doveva servire a creare una cuscinetto con la Nato, esattamente come con l'Ucraina prima dell'invasione della Crimea nel 2014 e del Paese nel 2022. Con gli accordi di Minsk, il Cremlino puntava ad esempio a una federalizzazione dell'Ucraina, facendo perno sulle regioni separatiste come leva per manovrare le politiche di sicurezza ed estera di Kiev. Se da un lato la Transnistria ha l'ombra russa addosso, dall'altra c'è una Moldavia abbracciata da Usa e Regno Unito: i primi stanno costruendo a Chișinău una delle più grandi ambasciate americane, mentre Londra sottolinea la necessità di equipaggiare militarmente il Paese secondo gli standard Nato per aiutarla a proteggersi dalla minaccia di un'invasione russa. Intanto però la Transnistria si presenta come una vera e propria fortezza fedele a Mosca, che resiste alle potenziali infiltrazioni ultranazionalista dall'Ucraina e vede dislocate sul territorio depositi di munizioni come il grande sito di stoccaggio di Kolbasna. Il conflitto latente (?) tra Chișinău e Tiraspol è una corda di violino, pronta a vibrare. Senza contare che, secondo sondaggi indipendenti, oltre il 42% degli abitanti della Transnistria si definisce "di etnia russa" il popolo della repubblica indipendentista.

Cosa succede ora?  Proprio per via della sua importanza strategica, per molti la Moldavia rappresenta la "prossima Ucraina", nell'ottica di un allargamento del conflitto. Lo stesso segretario di Stato americano, Antony Blinken, alla Conferenza di Monaco ha manifestato al presidente moldavo la preoccupazione per un potenziale complotto che punterebbe a instaurare in Moldavia un regime amico di Mosca. Sebbene un'invasione tout court "stile Ucraina" appaia improbabile, la Moldavia è al centro dello scacchiere russo. La presenza di oligarchi filorussi con capitali enormi e una consistente minoranza etnica russa sono dei fattori che avvantaggiano Mosca. Riportare la Moldavia nell'orbita russa farebbe naufragare inoltre la cooperazione militare con la vicina Romania, baluardo della Nato e dell'Ue nell'area. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha recentemente descritto la Moldavia come il nuovo "progetto anti-russo" dell'Occidente. Un motivo in più per non trascurare la portata dei disordini sociali sul fianco ucraino, che potrebbero essere utilizzati con un pericoloso "effetto tenaglia". Per ora il Paese resta schiacciato tra le pressioni di Occidente e Russia. Proprio come l'Ucraina prima dello scoppio della guerra.

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