È stato condannato all'ergastolo Masih Shahid, il pakistano di 31 anni giudicato colpevole dalla Corte d'assise di Cagliari del tentato omicidio della sua ex compagna, Paola Piras, e dell'omicidio premeditato del figlio di lei, Mirko Farci (19 anni), intervenuto per difenderla. La sentenza è stata emessa dopo due ore di camera di consiglio, mentre in aula erano presenti l'imputato, reo confesso, e la vittima dell'aggressione. La Corte ha anche stabilito una provvisionale di 150mila euro per Piras e quattro mesi di isolamento per il condannato per l'omicidio, avvenuto l'11 maggio 2021 a Tortolì (Ogliastra).
Sono stati riconosciuti anche 80mila euro per ciascuno dei due fratelli di Mirko, 50mila per la nonna paterna del ragazzo e 30mila euro ciascuno per la zia materna, Stefania Piras, e per lo zio paterno Roberto Farci.
La mamma di Mirko in lacrime - Quando il presidente della Corte d'assise di Cagliari, Giovanni Massidda, ha pronunciato la parola ergastolo, con quattro mesi di isolamento diurno per l'imputato, Piras, 52 anni, si è sciolta in un mare di lacrime a cui si sono uniti anche il figlio Lorenzo e tutti i familiari presenti in aula. "Giustizia è stata fatta ma non c'è niente da gioire: Mirko non c'è più, Paola si è salvata per miracolo ma è stata condannata alla sofferenza", ha commentato a caldo l'avvocato Paolo Pilia, che assiste Paola Piras insieme ai colleghi Marcello Caddori, Maurizio Carta e Maurizio Mereu.
Impassibile invece alla lettura del verdetto Shahid, poi scortato dagli agenti penitenziari e trasferito nel carcere di Uta, dove è rinchiuso dal giorno dell'arresto. Il difensore Federico Delitala è pronto al ricorso: "Aspetterò di leggere le motivazioni della sentenza ma certamente farò ricorso in appello. Per i giudici della Corte d'assise è venuta a cadere l'aggravante dei maltrattamenti ma è rimasta la premiditazione contro cui mi batterò anche nel secondo grado di giudizio".
Stando alle dichiarazioni spontanee rese dall'imputato in una delle precedenti udienze, lui sarebbe andato a casa della sua ex non con l'intento di uccidere ma per un chiarimento, sostenendo di essere stato poi aggredito dal figlio e di aver agito per difendersi. Ma per la pm Giovanna Morra non ci sono dubbi sulla volontà omicida di Shahid. "C'è stata premeditazione: c'era una forte e malsana gelosia nei confronti della sua ex e l'imputato non voleva uccidere solo Paola, ma aveva programmato di uccidere anche Mirko", aveva chiarito nella sua requisitoria, sollecitando l'ergastolo e otto mesi di isolamento diurno.
La mamma del giovane non ricorda nulla di quel tragico giorno - Piras ha parlato in aula per pochi minuti, chiamata dal presidente della Corte a ricordare qualcosa di quel tragico giorno. "I miei ricordi si fermano ad almeno sei mesi prima, credo sia il trauma a farmi dimenticare. Non potrei sopportare altrimenti", ha risposto protetta da un separé, senza mai incrociare lo sguardo dell'imputato.
La vicenda - La vicenda di Mirko e Paola ha segnato per sempre Tortolì, città turistica di 11mila abitanti, nel cuore dell'Ogliastra. A Paola furono inferte 18 coltellate. Ai reni, al volto, alla trachea, all'addome. Piras aveva lasciato e poi denunciato per stalking Shahid. Accortosi di quello che stava succedendo, Mirko si alzò dal letto, con addosso ancora la maglia della sua adorata Juventus, e si mise fra lui e la madre. Per provare a fermarlo, per dirgli di smettere. Inutilmente. Shahid lo colpì con 7 coltellate. Una fatale. A scoprire l'orrore una parente della donna, che non avendo avuto risposta né al telefono e né al campanello, chiamò i carabinieri.
Immediata la caccia all'uomo: decine i posti di blocco, fino alla cattura davanti a un supermercato, a una manciata di chilometri dalla casa dove si era consumato l'orrore, in via monsignor Virgilio, la strada principale di Tortolì. Jeans ancora macchiati di sangue, felpa nera e cappuccio, mascherina in volto, all'uscita dalla caserma Shahid aveva rischiato il linciaggio. Migliaia i messaggi di incoraggiamento e preghiera intanto comparsi sul profilo Facebook di Paola, nel frattempo portata in ospedale e operata per 4 lunghissime ore, a cui sono seguiti due mesi di coma. Solo al risveglio le venne raccontato tutto.
I compagni di scuola di Mirko, che un mese dopo la sua morte avrebbe dovuto sostenere la maturità nell'istituto alberghiero Ianas, diedero vita a una catena umana per dire "basta" alla violenza sulle donne. Il diploma con il massimo dei voti l'istituto lo consegnò postumo ai familiari del ragazzo, al quale è stata anche intitolata una targa esposta nella scuola.