Dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro a Campobello di Mazara, gli investigatori stanno indagando sugli spostamenti che il superboss avrebbe effettuato negli anni di latitanza. Dalla Spagna all'Albania, il business della droga lo avrebbe portato a viaggiare e concludere affari in prima persona. I profitti illeciti di queste attività gli avrebbero permesso di mantenere un tenore di vita altissimo.
I viaggi in trent'anni di latitanza -
A Campobello di Mazara, paese a pochi chilometri dalla sua Castelvetrano, Matteo Messina Denaro (con il nome di Andrea Bonafede) ci sarebbe rimasto per due anni prima di essere identificato e arrestato. Ma in trent'anni di latitanza il capomafia si sarebbe spostato in diversi luoghi: Spagna, Tunisia, Albania, Montenegro e, in Italia, in Calabria. Viaggi e lunghe permanenze che come denominatore comune hanno la droga. Un business che, come quello delle scommesse clandestine, è in grado di portare fiumi di soldi liquidi, cioè il tesoro che serviva a mantenere un latitante con un tenore di vita altissimo (si parla di 150 milioni l'anno).
Gli affari illeciti del boss -
Se la Spagna è un paese che il capomafia conosce fin dal 1994, quando si fece visitare al centro di oftalmologia Barraquer di Barcellona, le piste che lo collocano in Tunisia e Albania sono molto più recenti. In entrambi i casi ad attirare il boss sarebbe stato il mercato degli stupefacenti e del contrabbando (inchieste recenti hanno documentato il trasferimento attraverso il Canale di Sicilia di tabacchi lavorati esteri, nascosti a bordo di pescherecci). In Albania Messina Denaro avrebbe mandato un "ambasciatore", per poi andare di persona per stringere - dicono gli investigatori - rapporti con esponenti delle istituzioni e dell'imprenditoria. Nell'ultimo viaggio avrebbe fatto anche una puntata in Montenegro per giocare al casinò.
Il cancro e il ritorno in Sicilia -
I viaggi per affari si sarebbero interrotti dopo la diagnosi del cancro, ricevuta in Sicilia. Da allora il boss avrebbe deciso di stabilirsi a Campobello, nel Trapanese, dove poteva godere di una rete sicura di favoreggiatori. Inoltre il boss avrebbe scelto di morire vicino alla sua famiglia, come fece suo padre. Per recuperare la vita persa fino ad allora avrebbe ripreso con cene, amiche e spostamenti. Non è escluso che vivesse nella convinzione che nessuno avrebbe sospettato che l'uomo più ricercato al mondo si era stabilito a otto chilometri da casa.