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Covid, Consulta: obbligo vaccini al personale sanitario imposto dalla scienza

Non si tratta di una  soluzione irragionevole o sproporzionata: ecco la risposta alle questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Brescia, Catania e Padova

Ansa

L'obbligo di vaccini anti Covid introdotto per il personale sanitario "non ha costituito una soluzione irragionevole o sproporzionata rispetto ai dati scientifici disponibili". Lo stabilisce la Corte costituzionale in una sentenza, sottolineando l'obiettivo di "prevenire la diffusione del virus e di salvaguardare la funzionalità del sistema sanitario".

Questioni sollevate da tre Tribunali  La sentenza della Corte è la risposta alle questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali di Brescia, Catania e Padova: la normativa in merito, ha stabilito, ha operato un contemperamento non irragionevole del diritto alla libertà di cura del singolo con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l'interesse della collettività, in una situazione in cui era necessario assumere iniziative che consentissero di porre le strutture sanitarie al riparo dal rischio di non poter svolgere la sua insostituibile funzione. 

Sacrifici in linea con il bene pubblico  Secondo i giudici, il sacrificio imposto agli operatori sanitari non ha ecceduto quanto ritenuto indispensabile per il raggiungimento degli scopi pubblici di riduzione della circolazione del virus ed è stato costantemente modulato in base all'andamento della situazione sanitaria, peraltro rivelandosi idoneo a questi stessi fini. 

No vaccino, effetti sul lavoro   La mancata osservanza dell'obbligo vaccinale ha riversato i suoi effetti sul piano degli obblighi e dei diritti nascenti dal contratto di lavoro, determinando la temporanea impossibilità per il dipendente di svolgere mansioni implicanti contatti interpersonali o che comportassero, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio. 

No mansioni diverse ai No vax, scelta adeguata  La sentenza ha ritenuto non contraria ai principi di uguaglianza e di ragionevolezza anche la scelta legislativa di non prevedere, per i lavoratori del settore sanitario che avessero deciso di non vaccinarsi, un obbligo del datore di lavoro di assegnazione a mansioni diverse, a differenza di quanto invece stabilito per coloro che non potessero essere sottoposti a vaccinazione per motivi di salute o per il personale docente ed educativo della scuola. La Corte ha considerato tale scelta giustificata dal maggior rischio di contagio, sia per se stessi che per la collettività, correlato all'esercizio delle professioni sanitarie. 

Ok no retribuzione né altro compenso  La sentenza, infine, ha deciso che quanto previsto dalle norme censurate, secondo cui al lavoratore che avesse scelto di non sottoporsi alla vaccinazione non erano dovuti, nel periodo di sospensione, la retribuzione né altro compenso o emolumento, ha giustificato anche la non erogazione al dipendente sospeso di un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio. La Corte, infatti, ha ritenuto non comparabile la posizione del lavoratore che non ha inteso vaccinarsi con quella del lavoratore del quale sia stata disposta la sospensione dal servizio a seguito della sottoposizione a procedimento penale o disciplinare, casi questi ultimi in cui l'assegno alimentare può essere erogato. 

In particolare, la Corte ha escluso che fosse costituzionalmente obbligata la soluzione i porre a carico del datore di lavoro l'erogazione solidaristica di una provvidenza di natura assistenziale in favore del lavoratore che non avesse inteso vaccinarsi e che fosse, perciò, temporaneamente inidoneo allo svolgimento della sua attività lavorativa. 

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