ALBUM ANTOLOGICO

Andrea Mirò, sfumature d'artista: "Le mie Camere con vista guardano sul mondo"

La cantautrice ha pubblicato il doppio cd antologico in cui ha raccolto il meglio di vent'anni di carriera. Tgcom24 ne ha parlato con lei

di Massimo Longoni

© Stefano G. Pavesi

Andrea Mirò mette un punto alla sua carriera e pubblica "Camere con vista", un greatest hits in cui si ripercorre il cammino di vent'anni di percorso artistico. In 38 brani divisi su due cd, Mirò ha inserito il meglio dei suoi otto album pubblicati più alcune tracce registrate live e qualche chicca, tra cui i featuring con Neri Marcoré e con Dargen D'Amico. "Ho cercato di dare il più possibile un'idea completa di tutte le sfumature che mi riguardano - dice a Tgcom24 -. Sono troppo eclettica per il mondo di oggi, che ha target molto ben precisi, ma ne sono abbastanza fiera. Con questa raccolta si può avere un'idea un po' più completa della mia produzione".

Andrea Mirò è una sorta di alieno nel panorama della musica italiana. Polistrumentista, direttrice d'orchestra, cantautrice e interprete capace di destreggiarsi bene in un brano rock alla Who come con il teatro canzone di Giorgio Gaber: con il suo continuo mutare alla ricerca di nuovi territori da esplorare, sfugge alle categorie dell'oggi, dove si tende a rinchiudere in cornici sempre più strette. Le sue camere con vista invece si aprono su scenari sempre diversi, ora ampi e universali, ora rivolti alla propria intimità. Proprio per questo, mettere insieme una raccolta che fosse esaustiva e rappresentativa della propria cifra stilistica sarebbe potuto non essere così facile. "Avevo in mente una griglia che ho cercato di seguire - spiega -. Le canzoni sono state scelte un po’ dal punto di vista temporale, un po' per tematiche e poi in base alle sonorità, perché ce ne sono alcune che mi porto dietro a differenza di altre che oggi sento più distanti".

Scorrendo le canzoni dell'album emerge tutta una serie di temi sociali importanti che trovano spazio nelle tue canzoni: dalla guerra alla pena di morte, dall'aborto al possesso di armi, fino alla condizione di chi straniero si trova distante dalla propria famiglia.

Ci sono tanti temi sociali perché è la mia cifra, mi è sempre piaciuto mettermi in qualche ginepraio. Le mie camere hanno la vista sul mondo, mio e su quello degli altri. Le ispirazioni possono nascere da tante cose, anche un articolo di giornale, come nel caso di "Hey Coywboy", o dalla visione di un film o parlando con delle persone. Fino ad arrivare all’esame di coscienza personale. Le camere con vista guardano anche dentro di me.

E invece con le canzoni d'amore che rapporto hai?

Più complicato. Qualcuna l’ho scritta ma non amo così tanto scriverne. C'è sempre dietro l'angolo il rischio della melassa e della retorica e preferisco non correrlo.

Alcuni brani sono in versione live con arrangiamenti piuttosto diversi dalle versioni originali.

Sono tratti da un concerto davvero speciale registrato al Qube di Roma. Per esempio c'è il medley tra "Notte di Praga", che è il primo 45 giri che ho stampato, e "La canzone del perdono", il primo singolo che ho portato come cantautrice a Sanremo Giovani. O anche una versione di "Stanza 24" molto incentrata sul piano. Ho cercato anche in questo modo di dare il più possibile un’idea completa di tutte le sfumature che mi riguardano. E l’ho fatto anche per chi non mi conosce. Così si può avere un’idea un po’ più completa della mia produzione.

Ti ha mai pesato questo tuo essere aliena rispetto a gran parte del contesto discografico?

Sì, sempre! (ride - ndr). Ma non ho frustrazioni in tal senso. Comunque facendo parte di un certo ambiente, di un circolo chiuso, mi sono trovata spesso in situazioni dove chi non mi conosceva scopriva che questo o quel pezzo era mio e mi faceva i complimenti ed essere scoperti è sempre bellissimo. Certo, magari farebbe anche piacere avere più riscontro per alcune cose. Non tutti saranno premiati per quello che hanno fatto, però i premi sono di tanti tipi, dipende poi da quello che sono i tuoi obiettivi e da quello che ti sta a cuore.

E i tuoi di obiettivi quali sono?

Io sicuramente non faccio questo mestiere per riempire le classifiche, anche se non schifo l’idea, sarei un’ipocrita se dicessi questo. Porto avanti una mia idea, ci sono delle persone che mi seguono, spesso mi scoprono. E questo quello che mi piace fare. Non riempirò mai uno stadio, pazienza. Fa parte del modo di affrontare questo mestiere, quindi ti ritrovi a fare i conti con la tua cifra, il tuo carattere, il tuo modo di porti.

Come guardi il tuo passato musicale? Sei più vicina a quegli artisti che tendono a rileggere le proprie canzoni per portarle più vicine alla sensibilità del momento o la pensi come quei fan che non toccherebbero mai le versioni originali?

Io ho più un’ottica vicina a quella dei fan. Sentendo oggi per esempio “Canzone del perdono”, la trovo una canzone pop di tutto rispetto. Non avrà i suoni che ci sono oggi ma non li avrebbe nemmeno se fosse un pezzo del 2023. Le scelte stilistiche di moda non mi hanno mai particolarmente toccato. Quando le ho sposate era comunque perché mi piacevano. Là dove incontro una certa ambientazione e mi ci ritrovo la posso utilizzare. Così anche i primi brani che hanno una certa atmosfera, sentiti oggi non sono anacronistici perché forse lo erano anche al momento della loro uscita. Poi può capitare di prendere un pezzo e rimaneggiarlo ma questa è una cosa che fanno tutti anche per il gusto di vedere come sta quella canzone con un altro vestito.

Due canzoni presentano dei featuring. Il primo è con Neri Marcore in "Preghierina dell'infame". Come è nato? 

Per lui quella è stata la prima volta che ha cantato davanti a un microfono in studio. Da lì in poi ha iniziato a cantare, a fare Gaber e altri spettacoli musicali. Era passato da Milano dopo che ci eravamo incontrati al Festival Gaber, dove gli avevo fatto ascoltare delle cose, tra cui il brano. E dal momento che è una canzone con un certo sarcasmo, una preghiera al contrario di un uomo davvero piccolo, infame, volevo alleggerire un po’ il carico dato dall’andazzo musicale e gli ho chiesto di cantarla con me. La sua voce ha veramente dato un’impronta diversa al testo, rendendolo forse anche più godibile.

Più sorprendente ancora quello con Dargen D’Amico in "Senza che nulla cambi", che nell'album "Elettra Calliope" era solo una bonus track.

Sì, ma era talmente bella che ho voluto metterla. Lui all'epoca è arrivato in sede di master, quando avevamo già finito i missaggi e chiuso i pezzi. Ha sentito la canzone e se ne è innamorato. Timidamente mi ha chiesto se poteva scrivermi qualche barra al volo che gli veniva in mente. Io che ero una sua fan della prima ora, l’ho invece l’ho considerato un grandissimo onore e gli ho detto di scrivere quello che voleva. Non avevo dubbi che sarebbe stato una figata e così è stato perché ha aggiunto un ulteriore colore a un pezzo che comunque considero una tra le cose più belle che ho scritto.

Che rapporto hai con la tecnologia e con il modo in cui si fa musica oggi?

Molto faticoso. Per una questione di età e di piacere personale, sono un’analogica. L’unico piacere vero in questo periodo storico è cercare di capire quanto si stia rispolverando l’analogico, dal vinile alla ricerca di determinati suoni. Per il resto sono una che ama avere un rapporto diretto e fisico con gli strumenti. Però mi affascina da sempre chi è capace di usare “le macchine”. Quello è un mondo che mi piacerebbe aggiungere a quello che so. Purtroppo la vita è una e a volte manca il tempo per fare.

Ti sei mai chiesta come sarebbe se dovessi iniziare oggi a fare musica? 

Un sacco di volte! E credo mi intripperei abbastanza con quello che c’è a disposizione. Ci sono artisti che sul palco fanno tutto da soli mandando in loop le parti dei diversi strumenti, dalla chitarra al basso alla batteria: veri one man band dei giorni d'oggi. Ecco, se avessi vent’anni avrei perso molte ore della mia giornata divertendomi con quel genere di situazioni.

"Camere con vista" fotografa il passato, ma c'è sempre il futuro a cui pensare. Stai scrivendo cose nuove?

Le ho già scritte e mi propongo di entrare in studio appena posso per mettere giù le nuove tracce. Ma devo capire bene dove andare. Questo disco mi serviva anche per chiudere una specie di capitolo e poterne aprire un altro.

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