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Polonia: i videogiochi aiutano ad affrontare il burnout causato dall'autismo

Un nuovo studio spiega come i videogame non costituiscano più solo un passatempo per le persone affette da autismo, ma un vero e proprio metodo per gestirne gli effetti

© Ufficio stampa

Diversi studi confermano ormai da anni come molti individui con diagnosi di disturbi dello spettro autistico scelgano i videogiochi come metodo principale per trascorrere il tempo libero. Nuove scoperte dalla Polonia rivelano invece che le persone autistiche si dedicano ai videogiochi per evadere da stati d'animo negativi e riuscire a gestire le proprie emozioni quando sono affetti da stati d'animo positivi.

Lo studio, intitolato "Determinanti dell'evasione nei videogiocatori adulti con condizioni dello spettro autistico: il ruolo degli affetti, del burnout autistico e della motivazione al gioco", è stato pubblicato sulla rivista Computers in Human Behavior.

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Redatto dal team di ricerca composto da Anna Pyszkowska, Tomasz Gąsior, Franciszek Stefanek e Barbara Więzik, lo studio definisce il concetto di evasione come "un atto che sposta l'attenzione da una realtà spiacevole a un'irrealtà piacevole", esaminando due tipi di evasione: l'autosoppressione e l'autoespansione. Lo stile di evasione auto-soppressivo si riferisce all'impegno in attività, videogiochi compresi, per sopprimere le emozioni negative, considerato come una strategia di evitamento del disagio legato agli affetti negativi. L'evasione per l'espansione del sé invece "facilita l'autonomia, la competenza, la relazione e l'impegno armonico e autonomo", spiega il team di esperti.

La ricerca ha rilevato che le persone affette da disturbi dello spettro autistico sembrano attratte dai videogiochi come opportunità di fuga e di controllo. Inoltre, giocare ai videogiochi può funzionare come pratica d'interazione interpersonale quando le persone con disturbi dello spettro autistico giocano in modo collaborativo. I partecipanti sono stati reclutati da associazioni di neurodiversità polacche in base a una serie di requisiti: gli individui dovevano presentare una diagnosi di disturbo dello spettro autistico, avere più di 18 anni e giocare ai videogiochi almeno un'ora alla settimana.

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Centottantanove persone sono risultate idonee alla somministrazione dei test, consistenti in misure di evasione, motivazione al gioco, burnout autistico, risultati affettivi (una misura dell'umore tipico) e tono edonico (capacità di provare gioia). L'analisi statistica di questi dati ha rivelato che i soggetti con alti livelli di affetti negativi o burnout autistico avevano maggiori probabilità di giocare ai videogiochi per motivi di autosoppressione. Inoltre, i comportamenti ripetitivi, il declino delle funzioni cognitive e motorie, il mancato impegno nella cura di sé e i comportamenti volti a evitare le emozioni erano tutti correlati alle motivazioni di autosoppressione del gioco.

Coloro che hanno ottenuto punteggi elevati nella misura del tono edonico (o della capacità di provare gioia) hanno mostrato maggiori probabilità di riferire che l'espansione di sé fosse la ragione dei loro sforzi videoludici. I ricercatori hanno anche riscontrato che l'espansione di sé come motivazione per i videogiochi fosse anche correlata al loro desiderio di padronanza.

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La ricerca ha fatto emergere in ogni caso anche dei limiti, come l'assenza di un gruppo di controllo. Di conseguenza, non si è potuto concludere che questi risultati possano essere correlati esclusivamente ai videogiochi o alle sole condizioni dello spettro autistico. Inoltre, lo studio ha coinvolto un numero significativamente maggiore di femmine (105) rispetto ai maschi (50) e ai non-binari (34); di conseguenza, non è chiaro se la differenza di genere possa aver avuto un impatto sui risultati.

Nonostante queste preoccupazioni, il team di ricerca ritiene che il lavoro sia un'aggiunta significativa a ciò che si conosce sulle condizioni dello spettro autistico e la relazione con il mondo videoludico. Capire cosa possa motivare una persona affetta da autismo a trascorrere del tempo a videogiocare può aiutare gli operatori a determinare se il gioco venga utilizzato per affrontare sfide che potrebbero essere affrontate e trattate in un contesto terapeutico.