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Australia: i bambini abili nei videogiochi sono più inclini a intraprendere una carriera nel settore

Secondo una nuova ricerca, i bambini che dimostrano maggiori capacità nei videogame hanno maggiori probabilità di scegliere un percorso professionale in questa industria

Ufficio stampa

Appassionarsi ai videogiochi non è più solo questione di accendere una console o un computer e mettersi a giocare: specialmente tra i più piccoli, infatti, sono sempre più numerosi i giocatori che decidono di fare un passo in più e provare a tramutare una propria idea in un vero e proprio videogame. La ricercatrice australiana Laura Scholes ha dimostrato che tale abilità costituisce un enorme incentivo per i bambini nel crearsi carriere future in questo settore.

La ricercatrice, esperta di genere e alfabetizzazione presso l'Australian Catholic University, sostiene come la fiducia e l'auto-percezione dei più piccoli nei videogiochi indichino una connessione e un comfort a lungo termine con gli ambienti online, che si rifletteranno sulle loro scelte professionali nei decenni a venire.

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Laura Scholes ha esaminato l'impatto che il genere, l'autoefficacia e la ricchezza hanno sul modo in cui i bambini di età compresa tra i sette e i dieci anni percepiscono le loro abilità digitali e di gioco al computer. " Non sorprende che vi sia un'associazione tra le competenze digitali e l'autovalutazione di tali doti da parte dei bambini con la quantità di tempo che trascorrono con i videogiochi", ha dichiarato.

La ricercatrice ha riscontrato che i giocatori in erba che hanno un'autostima elevata all'età di 7-10 anni, superano nettamente i propri coetanei adolescenti. Lo studio ha inoltre rilevato che i bambini provenienti da famiglie più povere si giudicano più abili nei videogiochi rispetto a quelli provenienti da famiglie più ricche, e i ragazzi in misura maggiore rispetto alle ragazze.

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Secondo Scholes, le differenze socioeconomiche potrebbero essere dovute al fatto che i bambini più ricchi sono più impegnati in numerose attività extrascolastiche come la musica, lo sport e il tutoraggio esterno, mentre i bambini più poveri investono più autostima nel gioco. Tuttavia, non sempre c'è una correlazione diretta tra l'abilità percepita e la realtà. "Le convinzioni di eccessiva efficacia, che a volte si manifestano come eccessiva fiducia in se stessi, possono anche avere conseguenze dannose per i risultati di apprendimento degli studenti in questo ambito", si legge nel saggio della dottoressa, pubblicato sulla rivista Learning, Media and Technology.

Un report sul gioco digitale di Interactive Games & Entertainment Association (IGEA) ha rilevato che in Australia 11,5 milioni di persone giocano ai videogiochi, dei quali 4 milioni sono sotto i 18 anni. Quattro bambini e adolescenti su cinque giocano a qualche forma di videogioco ogni settimana, con una media di 106 minuti al giorno per i bambini. Questo dato si confronta con una media complessiva di 83 minuti.

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I nativi digitali hanno anche dimostrato capacità ineguagliabili nella forza lavoro e nel saper collaborare in team. A tal proposito Ron Curry, amministratore delegato di IGEA, svela come i giochi per computer potrebbero offrire ai bambini che hanno difficoltà scolastiche un'autonomia senza eguali e la possibilità di stabilire un contatto con il prossimo. "Alcuni ragazzi si sentono troppo imbarazzati per fallire in classe", sostiene.

" Il gioco offre loro uno spazio sicuro per esplorare, imparare, fallire con successo e progredire. È uno dei pochi luoghi in cui i ragazzi sono felici di tornare indietro e di non riuscire a farcela, solo per imparare la perseveranza e l'adattabilità, come si fa nel mondo reale. E quando si trova un lavoro, bisogna imparare a resistere, a perseverare e a trovare nuove soluzioni".

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