Uno sfogo contro i pregiudizi che vedono gli istituti professionali quasi come scuole di “serie b”, percorsi riservati a ragazze e ragazzi dagli scarsi risultati scolastici o poco interessati allo studio. E che, a volte, trovano colpevolmente sponda anche all’interno del mondo della scuola, “che inviano al professionale solo gli "asini", i contrastivi, i problematici e quelli a cui mancano le basi”. Va letto in questo senso un post social pubblicato alcuni giorni fa da un preside proprio di un istituto professionale della provincia di Napoli - Domenico Ciccone, dirigente scolastico dell'ISS "Montalcini - Ferraris” di Saviano - che in occasione delle iscrizioni alle prime classi delle superiori ha voluto sottolineare la bontà di tali percorsi, puntando in particolare su un aspetto: l’alta occupabilità dei diplomati dei professionali. Il sito Skuola.net lo ha raggiunto e, oltre a chiarire meglio le sue affermazioni, essendo in periodo di iscrizioni con lui ha voluto approfondire ulteriormente il mondo dei professionali, raccogliendo spunti che potrebbero essere utili a quanti sono ancora indecisi su quale strada percorrere.
Preside, nel suo post ha lasciato intendere che alcuni “addetti ai lavori” considerano i professionali scuole per studenti poco capaci: come stanno le cose?
“Mi rendo conto di aver fatto delle affermazioni piuttosto pesanti rispetto al comportamento di alcuni insegnanti e orientatori. Il problema è che esiste, anche se non in maniera dichiarata, una logica che è un po’ dicotomica che non va bene quando si fa orientamento. Che si ritrova in molti contesti, compreso quello in cui la mia scuola opera. E che crede che tutti i ragazzi con alte medie di uscita dalla scuola secondaria di primo grado debbano necessariamente andare al liceo, ritenendo che l’offerta formativa di questi percorsi dia delle possibilità in più ai ragazzi con un buon rendimento scolastico. La stessa logica presume che l’istruzione tecnica e, ancora di più, quella professionale siano destinate a chi non ha molta voglia di studiare, a chi non ha conseguito buoni risultati alle scuole medie, a chi in pratica non ama la scuola e lo studio”.
Qual è, a suo modo di vedere, il rischio maggiore che un atteggiamento del genere rischia di produrre?
“Questa logica sta producendo un effetto che, pur non volendo definire "classista", è quantomeno classificatorio. Dando il cosiddetto Consiglio Orientativo non sulla base degli interessi, delle attitudini, delle possibilità e soprattutto delle potenzialità del singolo studente ma semplicemente partendo dal suo rendimento scolastico. Un approccio che non può funzionare nella scuola del terzo millennio, dove le attitudini e la capacità di imparare in maniera autonoma valgono molto di più di un semplice nozionismo che invece può portare solo che danni a dei ragazzi che si apprestano a realizzare il loro percorso di studio e di vita”.
Lei ha sottolineato come, tra i suoi diplomati, si arrivi a tassi di occupazione post diploma che possono superare il 70%: è davvero così?
“E’ assolutamente vero, in uscita dall’istruzione professionale quasi sempre si viene assorbiti dal mercato del lavoro. In questo particolare momento storico, i lavori che richiedono un livello medio-alto di specializzazione, quali sono quelli a cui vengono generalmente destinati i giovani che hanno svolto un percorso di istruzione professionale, sono molto richiesti dal mercato. Quasi tutti gli undici indirizzi in cui si articola questa scuola trovano ampie possibilità di sbocco in lavoro non solo ben qualificati ma anche ben pagati, specie se consideriamo che impegnano giovani di 19 anni e senza esperienza pregressa”.
Occupabilità a parte, che tipo di opportunità offre a un giovane la formazione professionale?
“L’istruzione professionale, assieme a quella tecnica, è composta da un ampio ventaglio di opportunità. Gli undici indirizzi disponibili soddisfano ogni tipo di richiesta sia del mercato del lavoro sia delle tecnologie che richiedono personale qualificato che riesca a seguire i ritmi incessanti della loro evoluzione. Tra le altre opportunità c’è poi quella di riuscire a svolgere, durante il quinquennio, una serie di esperienze molto significative nella relazione scuola-azienda. Oggi le imprese soffrono quasi tutte di una scarsa qualificazione del personale e devono così sobbarcarsi di costi aggiuntivi per procedere alla formazione preliminare prima dell’assunzione. Questo avviene perché le scuole spesso non danno le opportunità di aggiornamento, formazione e rinnovamento delle tecnologie maneggiate, che invece i ragazzi dei professionali, seguendo degli stage aziendali sotto forma di Pcto, riescono alla fine del percorso riescono ad acquisire anche le tecniche per svolgere un buon lavoro di gruppo, di impresa, in contesti specializzati”.
Ma, a suo parere, qual è il vero punto di forza dell’istruzione professionale?
“Sono scuole moderne, perché la tendenza attuale del lifelong learning, del continuo e costante aggiornamento, invita i giovani a entrare il prima possibile nel mercato del lavoro, per poi specializzarsi a livello accademico o tecnologico su quello che gli piace. Un giovane che segue questi percorsi, inoltre, non solo sarà un tecnico qualificato ma avrà a disposizione, come detto, gli strumenti per tenersi sempre al passo coi tempi dal punto di vista delle tecnologie e delle metodologie lavorative. La scuola deve preparare anche alla vita e al lavoro perché in questo modo darà ai giovani la possibilità di concretizzare i loro sforzi lungo un percorso di studi che li vede impegnati per almeno sedici anni”.
Più nello specifico, quali sono i percorsi che oggi aprono le prospettive migliori?
“C’è, ad esempio, il settore Moda che nei prossimi anni dovrebbe assorbire circa 70mila addetti e che si sta riconvertendo sia nel green ma soprattutto nel tessile per la casa. Poi ci sono alcuni indirizzi molto specialistici, come ottica e odontotecnica, che sono fortemente richiesti; i giovani che si diplomano in ottica, in particolare, possono iscriversi previo esame di Stato a un albo provinciale, uno degli ultimi albi che consente l’accesso ai neodiplomati. C’è poi il percorso di Manutenzione e Assistenza tecnica, molto richiesto per la gestione di impianti, apparati e macchinari e per il presidio di macchina a controllo numerico. Servizi commerciali, dal canto suo, dà delle opportunità in qualsiasi contesto che ha bisogno di contabilità e analisi marketing. Infine vanno citati le professioni emergenti, che vengono fuori da corsi come Servizi per la sanità e l’assistenza sociale, Pesca e Itticoltura, Gestione delle acque e risanamento ambientale”.