Il nuovo anno con "Jazz Meeting", inizia con uno dei musicisti più importanti del jazz italiano e non solo. Parliamo di Gaetano Liguori, pianista, compositore, viaggiatore, persona dai molteplici interessi, che recentemente ha conseguito, dopo anni di studio delle religioni, anche una laurea in Teologia. Figlio d'arte, suo padre è stato un grande batterista Jazz, Gaetano Liguori fu uno dei primi in Italia a conseguire al Conservatorio il diploma in musica elettronica, sotto la guida del grande Angelo Paccagnini, insigne docente. Liguori ha dato alle stampe il suo nuovo libro "La Mia Storia del Jazz", pubblicato dalla casa editrice "Jaca Book". Incontriamo Gaetano, nella sua casa milanese, fulcro dei suoi interessi.
Così il pianista ci ha parlato del libro: "I miei libri come accaduto anche per "Confesso che ho Suonato", sono fortemente autobiografici", dice Liguori.
"Scrivendo questo libro, racconto la mia storia, fin dagli inizi, basti pensare che nella mia famiglia non ascoltavano la musica commerciale di quel periodo, ma i grandi jazzisti, come ad esempio Theolonius Monk. Mio padre è stato un grande batterista jazz e mi ha molto influenzato per le scelte musicali".
Parlaci della tua formazione musicale...
Dopo essermi diplomato al Conservatorio di Milano, ne sono diventato docente.
Ho suonato, composto ed ho anche insegnato alla Bocconi.
Ritengo che la storia della musica del '900, oltre a grandi compositori come Stravinsky e Schonberg, annoveri anche il Jazz.
Da spettatore ho potuto vedere tutti i grandi della musica, non solo in ambito Jazz.
Fui tra i primi in Italia a diplomarmi in musica elettronica al Conservatorio.
Ho lavorato nello studio di fonologia della Rai, ora ricostruito nel museo degli strumenti musicali di Milano al castello Sforzesco.
Ho molti ricordi legati a quel luogo, recentemente, visitandolo, mi sono commosso pensando ai quattro anni trascorsi allo studio di fonologia.
Compositori come Cage, Maderna e Berio che frequentarono lo studio di fonologia, sono tutt'ora tra i miei punti di riferimento.
Sul fronte jazz, ho suonato con il mio trio dopo un concerto di Miles Davis a Bologna ed ho diviso il palco con Charles Mingus e Cecil Taylor, "La mia Storia del Jazz", da questo punto di vista è pieno di aneddoti.
Suonammo nel '74 con il grande Don Cherry, nel periodo in cui questo artista solcava il sentiero della musica etnica, indiana soprattutto
Nel '76 fu la volta de "La Cantata Rossa per Tall Al-za'atar" dedicata al massacro perpetrato in quell'anno dalle milizie cristiane, per eliminare la presenza palestinese e musulmana da Beirut est.
Realizzai questo lavoro con mio padre Pasquale alla batteria e Roberto del Piano al basso.
Le voci sono di Demetrio Stratos, Concetta Busacca e di Giulio Stocchi. Quest'ultimo scrisse dei bellissimi testi ed io mi ispirai nella composizione, anche alla musica popolare di Giovanna Marini o del Canzoniere del Lazio.
A Stratos feci interpretare il suo brano sulla falsariga dei suoi lavori più sperimentali del periodo "post-Area".
Partecipai con Tullio de Piscopo anche al concerto in suo onore nel '79 all'Arena di Milano, che considero dal punto di vista musicale le "colonne d'Ercole" degli anni '70.
Le tue fonti di ispirazione sono da ricercare, non solo nel jazz o nella musica contemporanea, ma anche nel rock....
Si, ad esempio quando ebbi occasione di fare un concerto con la Pfm, il batterista della band Franz di Cioccio, mi defini' "pianista jazz con il cuore rock".
Ho avuto queste influenze fin dagli anni '70.
Quando fondai l'Idea trio, ad esempio avevo in mente Emerson, Lake and Palmer, trio rock, capace di attraversare gli stili musicali.
Con l'Idea trio suonavo il pianoforte a coda ma Ciccio del Piano aveva un basso elettrico che ricorda il rock ed anche il modo di suonare la batteria di Filippo Monico era inusuale per il jazz. Quando suonavamo in quel periodo c'erano critici che con le loro recensioni sui grandi giornali italiani hanno aiutato il nostro processo di maturazione.
Oggi cosa accade sul fronte musicale?
Il momento non è facile sia nel campo musicale che negli altri settori, posso dire che ho comunque almeno due progetti che vorrei "mettere in campo", con musicisti che conosco bene con i quali collaboro ormai da moltissimi anni: Guido Mazzon, Daniele Cavallanti, Filippo Monico e "Ciccio" del Piano, che vorrei chiamare "i ragazzi irresistibili".
Il mio sogno sarebbe andare con loro in studio e fare un bel disco di free jazz.
Una musica che fece da supporto alle rivolte dei neri.
Un periodo storico che amo molto, con figure del calibro di Martin Luther King o Malcolm X.
Non dimentico però il piano "solo", che nei decenni ha significato anche un grande impegno sul fronte sociale, oltre che musicale.
Recentemente ho avuto modo di fare un concerto a Napoli, città dove sono nato ed alla quale sono profondamente legato, con un sacerdote che organizza visite guidate per far conoscere soprattutto ai giovani i sotterranei della città.
La tua attività va avanti anche sul fronte editoriale...
Si, pubblicherò un libro che si intitolerà "We Love jazz", scritto con Guido Michelone critico musicale de il Manifesto, che conterra' i duecento migliori dischi del Jazz: cento selezionati da me, nel periodo antecedente il 2000 e cento da lui, nel periodo dal 2000 ad oggi.