Stress: c’è chi reagisce con la “sindrome dell'anatra”
In superficie sembra galleggiare placidamente, ma sotto il pelo dell’acqua….
Un’anatra nuota su laghetto. L’acqua non si muove nemmeno, tutto sembra placido e sereno, ma sotto il pelo dell’acqua l’animale muove le zampe con energia estrema, quasi frenetica, per risalire la corrente e spostarsi a suo piacere. La sindrome dell’anatra è una metafora che ben descrive il comportamento di chi, in apparenza, affronta le situazioni con imperturbabile serenità, ma sotto sotto combatte con tutte le sue forze per sovrastare le correnti e arrivare al suo obiettivo. Vediamo di che si tratta e se ci sentiamo un po’ “papere” a nostra volta.
LA SINDROME DELL’ANATRA– Non è una malattia né un complesso di disturbi riconosciuti scientificamente: si tratta semmai di un modo di dire coniato all’ Università di Stanford per descrivere l’atteggiamento di alcuni gruppi di studenti dell’ateneo i quali, pur essendo carichi di impegni accademici e stressati dalla necessità di tenere il passo con il programma di studi, nascondono la fatica e le preoccupazioni, mostrandosi sempre sereni e positivi. Somigliano proprio alle anatre che, in apparenza, scivolano sull’acqua con grazia e senza fatica, ma che in realtà devono agitare freneticamente le zampe per mantenersi a galla e contrastare le correnti. La sindrome è stata riconosciuta tra gli studenti di molti atenei, non solo americani, e anche in parecchi licei un po’ ovunque nel mondo. Non si tratta però di una problematica solo giovanile, ma piuttosto diffusa anche nelle realtà professionali.
PERCHÉ CI TRASFORMIAMO IN ANATRE – Un tipico comportamento da anatra è, ad esempio, rispondere “Tutto bene” alla classica domanda “Come stai”, anche quando le cose non stanno così. Le ragioni per comportarsi in questo modo possono essere molte e varie: potremmo volere evitare preoccupazioni a chi ci circonda o, semplicemente, tagliar corto davanti a domande personali alle quali non vogliamo dare troppe risposte. L’orgoglio è un’altra ragione per nascondere le nostre difficoltà, ad esempio sul luogo di lavoro specie se ci si trova ad operare in un contesto non proprio amichevole. Il problema è che, quando si nuota controcorrente troppo a lungo, si possono esaurire le forze e trovarsi nella condizione di “anatra esausta” e rischiare seriamente di cadere in burnout, uno stato di completo esaurimento delle energie ai limiti della depressione. A volte sembra che non ci sia alternativa allo stile dell’anatra: non solo bisogna portare a casa il risultato a qualunque costo, ma ci si deve arrivare senza manifestare lo sforzo e la sofferenza che comporta: come una danzatrice classica che volteggia sulle punte sempre con il sorriso in volto senza dare segno di sforzo, perché non è consentito fare altrimenti.
COME PREVENIRE LA SINDROME -Dato che la causa è lo stress, la soluzione non può che partire dal rimuovere o attenuare le situazioni che lo generano. Rallentare il ritmo, sfoltire l’agenda, imparare a delegare sono tutti comportamenti che aiutano a decomprimere la situazione. È però di fondamentale importanza abituarsi ad esternare la fatica, senza più nascondere lo sforzo che costa ogni compito e il sovraffaticamento complessivo a cui si è sottoposti. Per evitare il burnout, è necessario recuperare spazi di soddisfazione personale extra-lavorativa, adottando magari le strategie tipiche di un altro approccio al lavoro, diametralmente opposto, ovvero il
quiet quitting: quest’ultimo consiste nel limitarsi alle mansioni strettamente indispensabili previste dal proprio ruolo, senza andare un passo oltre, compresi gli straordinari dell’ultimo minuto, la reperibilità senza limiti e la disponibilità a ogni chiamata. Ci pare troppo? Probabilmente la virtù sta nel mezzo, come dicevano gli antichi: il lavoro eseguito con passione è più soddisfacente e più produttivo di quello svolto “al minimo del giri” e con l’orologio sempre in mano. Ma il giusto equilibrio tra vita lavorativa e personale non va mai perso di vista.
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