L'intervista

Crisanti-Zaia, il presidente del Veneto: "Credevo in lui. Ho usato un linguaggio forte ma le carte ci davano ragione"

L'esponente della Lega spiega il suo punto di vista sulla vicenda e ribatte: "Non ho nulla da nascondere"

© IPA

Dopo la pubblicazione delle intercettazioni su Andrea Crisanti, Luca Zaia spiega, dal suo punto di vista, tutti i contorni della vicenda: dall'incontro con il microbiologo, che si è da poco dimesso dall'Università di Padova, allo scontro di vedute e la delusione. E al Corriere della Sera mostra la serenità di chi è convinto di aver agito secondo il giusto protocollo: "Non ho nulla da nascondere - osserva -. Credevo in lui, ho usato un linguaggio forte ma le carte ci davano ragione".

L'intervista di Zaia su Crisanti -

 "Ho conosciuto Crisanti sette o dieci giorni dopo il 21 febbraio 2020, il giorno in cui è partito il focolaio di Vo' euganeo. Prima di allora non l'avevo mai incontrato, sentito o conosciuto", afferma il presidente del Veneto. "Alla riunione del 21 febbraio 2020, non era ancora presente. Io quella sera ho deciso in totale autonomia e contro le linee guida dell'Oms che prevedevano il tampone solo per i sintomatici, di fare il tampone a tutti e 3.500 abitanti di Vo' e di chiudere il Comune con la zona rossa". "Il professor Crisanti - continua Zaia - mi chiama dopo una settimana circa, si presenta e mi dice, testuale: 'Lei ha creato le condizioni per qualcosa che non esisteva, la chiusura del Comune e i tamponi. Mi finanzierebbe i tamponi a fine quarantena, allora di quindici giorni, che così ci faccio uno studio?'. E io così ho fatto".

Ecco perché il rapporto tra Zaia e Crisanti si è degradato -

 "Parlo con dispiacere di questa vicenda, perché il professor Crisanti l'ho coinvolto e ci ho creduto, è un professionista. Il problema è che si sono susseguite polemiche, dichiarazioni forti. Il tutto, puntualmente, sui giornali. Il che, piano piano ha deteriorato la serenità nella squadra. Ha anche distribuito ai giornalisti dei messaggi tra me e lui". Crisanti però in più occasioni ha lanciato accuse sui troppi tamponi rapidi: "Noi siamo la comunità che più ha fatto tamponi nella storia. Certo, i tamponi molecolari sono il gold standard. Siamo arrivati a farne 23 o 24mila al giorno, con uno stress altissimo per tutta la macchina. Avessimo avuto la possibilità di fare i molecolari per tutti, non c'era questione. In un giorno che prendo a caso, abbiamo fatto 24.832 test molecolari e 164.189 tamponi rapidi. E abbiamo trovato 13.094 positivi. Io dico: se tu hai 10 persone in acqua e solo tre salvagenti, agli altri butti una tanica, una corda, quello che hai. Che poi, attenzione: è quello che hanno fatto tutti". I tamponi rapidi erano certificati: "Assolutamente sì, dalle autorità nazionali e internazionali. E sono peraltro quelli che in Italia abbiamo usato tutti".

L'intercettazione -

  Resta che l'intercettazione che lo riguarda è forte: "Io non ho nulla da nascondere e mi rendo responsabile di ogni cosa che dico. Purché contestualizzata. Tra l'altro, io non ero l'intercettato. A noi tutto è stato notificato come eventuale parte offesa. Con rassegnazione, devo prendere atto che sono state diffuse intercettazioni che non potevano esser diffuse. In questo paese, ormai la normalità". In merito, infine, a quel 'stiamo per portarlo allo schianto': "Significa che lui sosteneva di essere stato denunciato dalla Regione. Ne è partito un dibattito sui giornali molto importante, che ha coinvolto anche il Senato accademico di Padova. Nonostante noi avessimo detto che non era vero, la polemica proseguiva. E dunque, il linguaggio in una conversazione privata può essere stato un po' forte, ma significa semplicemente quello: che andando a vedere le carte, il professor Crisanti ci avrebbe dovuto dar ragione. Non era una denuncia", conclude Zaia.

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