La Francia, dopo l'Italia, ha introdotto l'obbligo di test negativo al Covid alla partenza per i viaggiatori provenienti dalla Cina. Lo rendono noto fonti governative a Parigi. Anche Spagna e Gran Bretagna hanno seguito l'esempio di Roma, aggiungendosi (assieme a Israele) alla lista dei Paesi che richiedono un tampone negativo per chiunque arrivi dagli scali cinesi. E Pechino non l'ha presa bene. "Sono misure discriminatorie", ha accusato in un editoriale il Global Times, tabloid del Partito Comunista.
L'ira della Cina -
L'Italia è finita espressamente nel mirino di Pechino, poiché "non è stata trovata alcuna nuova mutazione negli arrivi recenti". Dunque si tratterebbe solo di paura e pregiudizio. O forse peggio. È tutto uno "sporco trucco politico" per "sabotare i tre anni di sforzi nella lotta al Covid e per attaccare il nostro sistema", ha scritto il tabloid con una bella pennellata di complottismo, mentre le fonti ufficiali a Pechino continuavano ad assicurare la "massima apertura e trasparenza" da parte delle autorità cinesi.
In realtà non c'è alcun disegno segreto e lo si vede bene dalla fatica con cui l'Unione Europea, ad esempio, sta reagendo a questa ennesima crisi Covid, che ormai sembrava essere un ricordo del passato.
I numeri della pandemia in Cina -
I numeri d'altra parte fanno spavento e la carenza cronica di trasparenza, malgrado le assicurazioni, non aiuta. Secondo la società di ricerca britannica Airfinity è probabile che in Cina stiano morendo circa 9mila persone al giorno, una stima praticamente doppia rispetto a pochi giorni fa. Airfinity prevede che i decessi raggiungeranno il picco il 23 gennaio e saranno circa 25mila al giorno. In tutto questo dal 7 dicembre le autorità di Pechino hanno riportato ufficialmente solo dieci morti a causa della pandemia e l'8 gennaio prossimo cadranno i vincoli ai viaggi, anche all'estero, per i cinesi, in concomitanza con le feste del nuovo anno.
Oms a Cina: "Condividere i dati in tempo reale" -
Intanto l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha incontrato funzionari cinesi per discutere dell'aumento delle infezioni da Covid-19, sottolineando l'importanza di condividere i dati in tempo reale sull'esplosione dei casi. "L'Oms ha chiesto - ha dichiarato l'agenzia sanitaria delle Nazioni Unite in un comunicato - ancora una volta la condivisione regolare di dati specifici e in tempo reale sulla situazione epidemiologica, dei dati sulle vaccinazioni somministrate e sullo stato delle vaccinazioni, soprattutto nelle persone vulnerabili e negli ultrasessantenni".
Ue ai 27: "Restare vigili" -
Insomma, il timore è che ci si trovi dinnanzi a una tempesta perfetta, quasi esattamente a tre anni dallo scoppio ufficiale della pandemia. La Commissaria alla Salute Stella Kyriakides, in una lettera inviata ai 27 Paesi membri dopo la riunione dell'Health Security Committee (HSC), ha chiesto di essere "molto vigili" poiché "i dati epidemiologici o i test affidabili" in Cina sono "piuttosto scarsi" e la copertura vaccinale generale "è bassa". Inoltre non esiste una equivalenza tra "i certificati di vaccinazione o di guarigione cinesi" e lo standard adottato in Europa. Un approccio prudente sembra dunque giustificato.
In Europa si procede in ordine sparso -
Sui test in ingresso però si va ancora in ordine sparso, con alcuni Stati membri che hanno chiesto almeno i tamponi "a campione sui viaggiatori". Ma al momento a Bruxelles non è stato deciso nulla. Pesa lo scetticismo della Germania. Le analisi mostrano che le varianti in circolazione sono le stesse e dunque i vaccini occidentali offrono copertura. Kyriakides ha dunque esortato i 27 a mantenere la barra dritta e continuare con un approccio "basato sulla scienza". In questo momento, semmai, va aumentata la "sorveglianza genomica", compreso "il controllo delle acque reflue, che includa le acque di scarico degli aeroporti principali". L'obiettivo è sempre lo stesso: individuare tempestivamente nuove varianti e saper reagire in tempo utile.