Sul Codice degli appalti il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla riforma, che passa attraverso la cancellazione del 30% delle parole rispetto al testo originario e che incide anche sostanzialmente sulle norme. La modifica è un cambio di filosofia della norma: vince il principio del risultato e quello della fiducia nella legittimità delle scelte fatte. E se per valutare l'impatto reale bisognerà attendere il testo finale dopo il passaggio parlamentare, la riforma prevede minori vincoli sui subappalti che possono diventare "a cascata", l'obbligo di prevedere adeguamenti se i rincari dei materiali superano il 5% e l'inserimento dell'appalto integrato (prima vietato), che consente di attribuire con una stessa gara il progetto e l'esecuzione dei lavori.
Secondo il premier Giorgia Meloni il nuovo Codice degli appalti "è un volano per la crescita", un "provvedimento organico, equilibrato e di visione, frutto di un lavoro qualificato e approfondito, che permetterà di semplificare le procedure e garantire tempi più veloci". Il ministro alle infrastrutture Matteo Salvini aggiunge: "Questo nuovo codice dovrà tagliare burocrazia e sprechi, dovrà offrire più lavoro, viene incontro alle Pmi, permetterà di aprire cantieri in tempi più veloci. E creerà posti di lavoro".
Un cantiere sbloccato, sostiene Salvini, equivale a 17.000 posti di lavoro. Ma le ricadute della riforma sono anche su altri aspetti. "Sulle concessioni scadute, con riferimento a quelle autostradali, si pone fine alla proroga automatica", sottolinea il ministro che vorrebbe anche rivedere l'abuso d'ufficio, una spada di Damocle per i manager pubblici che devono decidere gli appalti.
La riforma consente di rispettare l'impegno che il governo aveva preso con l'Europa ed entrerà in vigore ad aprile. Ma le polemiche non mancano. I sindacati temono l'impatto del subappalto a cascata, che liberalizza di fatto alcuni meccanismi: "una nefandezza", commenta la Fillea Cgil che teme "infortuni, fruttamento e infiltrazioni". Il testo poi lima anche i poteri dell'autorità anticorruzione, l'Anac. "Erano previste delle prerogative per l'Anac che poi sono state eliminate nel testo varato dal Cdm", ammette il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano che apre a modifiche se saranno decise dal Parlamento. Tanto che il presidente Anac Giuseppe Busia auspica che "le giuste esigenze di semplificazione e velocità siano adeguatamente coniugate con le garanzie perché senza le garanzie, anche di trasparenza, non si spendono bene i soldi pubblici e si sfavoriscono le imprese migliori e non si fa un buon servizio ai cittadini".
Di certo molti sono i cambiamenti. Ad esempio si alza la soglia per gli affidamenti sotto la quale gli enti locali possono procedere in maniera diretta. La riforma, poi, si intreccia anche con quella relativa ai servizi pubblici: per gli affidamenti in house superiori alle soglie europee, ad esempio, serve una "motivazione adeguata". Arriva poi un help desk che viene istituito nella cabina di regia a palazzo Chigi, e viene prevista l'indicazione di un elenco di opere strategiche, quasi come la vecchia Legge Obiettivo. Clausole di revisione dei prezzi dovranno essere indicate già nelle gare e scatteranno adeguamenti se i prezzi superano il 5%.
L'impianto della riforma si basa su quattro pilastri: semplificazione e accelerazione delle procedure, digitalizzazione di tutti i passaggi burocratici, tutela dei lavoratori e delle imprese. E definisce per la prima volta un criterio che guiderà la risoluzione dei problemi, in particolare "scioglierà la complessità" che nasce da un dedalo di norme sovrapposte, dal diritto nazionale ai vari regolamenti europei: il risultato viene prima di tutto. I principi di concorrenza e trasparenza sono sì fondamentali e il codice ne ribadisce la centralità, ma li incasella tra gli "strumenti" per raggiungere il risultato.
L'ultima bozza prevedeva un aumento del margine di manovra dei soggetti appaltanti per "contrastare il fenomeno della cosiddetta burocrazia difensiva", cioè quell'eccesso burocratico "che può generare ritardi o inefficienze nell'affidamento e nell'esecuzione dei contratti". In chiave di semplificazione delle procedure, guardando alla fase di approvazione dei progetti di opere pubbliche, vengono ridotti gli attuali tre livelli di progettazione a due soli livelli: un progetto di fattibilità tecnica ed economica e un progetto esecutivo, specificando gli scopi della progettazione. Vengono così snellite le procedure di verifica e validazione dei piani. In questo contesto arriva l'appalto integrato, che prima era espressamente vietato e che in un'unica gara - e un unico vincitore - il progetto e l'esecuzione di un'opera.