Marco e Gabriele Bianchi, secondo i loro rispettivi difensori, vanno assolti dall'accusa di aver ucciso Willy Monteiro Duarte a Colleferro. Non sono attendibili i tanti testimoni perché sono stati influenzati dai media ed erano anche ubriachi, dicono. E non è nemmeno chiara la causa della morte del 21enne di origine capoverdiana, al massimo "si può parlare di un omicidio preterintenzionale", un incidente in pratica, causato da chi voleva sferrare solo un calcio o uno schiaffo e invece ha compiuto un assassinio. Queste le motivazioni depositate dalla difesa per ribaltare la condanna all'ergastolo della Corte d'Assise del Tribunale di Frosinone.
La difesa dei legali - Nei motivi di impugnazione di entrambi i fratelli si legge tra le righe che le responsabilità del decesso, eventualmente, sarebbero da far ricadere sugli altri due imputati. Il 4 luglio scorso i Bianchi sono stati condannati all'ergastolo dalla Corte d'Assise di Frosinone, perché, in concorso con Mario Pinciarelli e Francesco Belleggia Francesco, avrebbero colpito Willy violentemente con pugni e calci al capo, al collo, altorace e all'addome, anche quando la vittima si trovava a terra, priva di sensi e non in grado di opporre difesa. Secondo l'avvocato Vanina Zaru del foro di Firenze, difensore di Marco Bianchi, i giudici, "partendo da una convinzione assiomatica della responsabilità dell'imputato, hanno estrapolato da ogni consulenza, da ogni dichiarazione testimoniale e da ogni altro contributo probatorio, solo edesclusivamente i frammenti che andavano a dar contezza e ragione alla tesi accusatoria". Inoltre, riguardo i giovani testimoni, "un'indagine più accurata per comprendere chi e in che misura avessequanto meno assunto alcolici, avrebbe probabilmente delineato lo scenario della reale attendibilità edella genuinità dei ricordi".
Clima d'odio - Inoltre, secondo i legali, gli imputati sarebbero stati anche vittima di un clima ostile, alimentato dalla stampa, che avrebbe influito sull’imparzialità dei giudici. Zaru sottolinea che non è stata chiarita la dinamica dei fatti, né il "contributo obiettivo" di ogni singolo imputato, e non è stato neanche possibile avere una risposta "in termini certi" sulla causa della morte del 21enne. Secondo l’avvocato infatti, se proprio c’è stata una responsabilità, si può parlare al massimo di omicidio preterintenzionale, un incidente, nulla di più. Speranze che, con appelli articolati, nutrono anche gli altri imputati, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia.
Una visione distorta - Secondo il legale di Marco Bianchi dunque, quella che è emersa è un'immagine distorta dalla realtà, alimentata dal clima d'odio costruito intorno al suo assistito. "Non è colto - scrive - ha gusti musicali di dubbio gusto, è calato in una realtà in cui è importante dare di sé - sui social - un'immagine di persona benestante e vincente, è rumoroso e per certi aspetti può apparire sgradevole. Ma oltre ad essere lo specchio della società in cui viviamo e in cui stiamo facendo crescere i nostri figli, non appare diverso da molti altri giovani che cercano di imitare stili di vita fatui, non contrastati, peraltro, da una risposta adeguata culturale da parte di nessuno".
Eco mediatica - Anche secondo gli avvocati romani Ippolita Naso e Valerio Spigarelli, il processo di primo grado "ha avuto una vasta eco mediatica, da un lato con una abnorme ed illegittima pubblicità delle acquisizioni probatorie, d'altro lato con la mostrificazione di alcuni dei protagonisti, primo fra tutti l'imputato Gabriele Bianchi", che i due legali assistono. "Sotto la spinta di una formidabile pressione della pubblica opinione, le condizioni di parità sostanziale, e non solo formale, tra le parti, così come terzietà e l'imparzialità dei giudici, sono venute meno". Secondo Naso e Spigarelli "la sentenza è fondata su di una lettura preconcetta, e comunque erronea, degli esiti probatori, favorita anche dallamancata assunzione di una perizia medico legale disposta dal giudice" -
La ricostruzione della difesa - Gabriele Bianchi "non ha colpito la vittima e non ne ha cagionato la morte, intervenuta a causa di un colpo al collo che persino la sentenza non gli addebita", si legge nell'atto di appello. "Se il colpo al torace inferto con il primo calcio sferrato a Willy e attribuito a Gabriele avesse realmente determinato una commozione cardiaca, la vittima avrebbe perso istantaneamente coscienza, il suo cuore avrebbe smessodi battere e non si sarebbe potuto rialzare in piedi né camminare". Tra l'altro, secondo il collegio difensivo, "non è affatto un colpo proibito dalle arte marziali". Su questa linea anche l'avvocato Zaru: "Nessuno ha descritto l'agire di Marco Bianchi come una sorta di killer armato dei propri arti".