In Iran, i conti bancari delle donne che non portano il velo saranno bloccati. Lo ha reso noto Hossein Jalali, membro della commissione Cultura del parlamento di Teheran, come riportato dal quotidiano Shargh. Lo stesso Jalali, lunedì aveva fatto riferimento a nuovi provvedimenti da mettere in pratica nelle prossime settimane riguardo all'uso del velo in pubblico, obbligatorio nella Repubblica islamica fin dalla sua fondazione nel 1979.
Jalali aveva annunciato un piano che prevede regole più severe sull'hijab e che sarà ratificato tra 15 giorni, come aveva fatto sapere il quotidiano riformista Shargh pubblicando un video del membro della commissione Cultura del parlamento di Teheran che parla a un'assemblea di donne nella città di Qom.
Prima sms a donne senza velo, poi punizioni più alte - Jalali ha inoltre affermato che il costo da pagare per le donne che non indossano l'hijab sarà più alto, come riporta Bbc Persian. Jalali ha spiegato come sarà il programma, allo studio, per l'applicazione dell'uso dell'hijab: invece delle "pattuglie della polizia morale", ha detto, le persone che non indossano il velo saranno avvisate tramite messaggi, prima di passare alle punizioni. "Non ci sarà alcun ritiro dal piano dell'hijab perché il ritiro significa il ritiro della Repubblica islamica", ha detto.
Il pugno duro di Teheran - Lunedì, Teheran ha annunciato che manderà "presto" al patibolo chi è stato condannato per aver preso parte alle proteste che infiammano il Paese da quasi tre mesi, mentre le forze dell'ordine "non esiteranno a fronteggiare duramente i rivoltosi" fino a "sconfiggere il fronte unito dei nemici". Il monito è arrivato dalle Guardie della rivoluzione, mentre il mondo è sempre più scettico sul controverso annuncio dell'abolizione della polizia morale. Ma nemmeno le nuove minacce del regime degli ayatollah sono riuscite a fermare la protesta divampata dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne uccisa a bastonate il 16 settembre a Teheran perché non portava il velo in modo corretto. E' infatti in corso uno sciopero di tre giorni. L'iniziativa andrà avanti fino a mercoledì, quando in Iran si celebra 'la giornata dello studente' e in uno degli atenei del Paese è in programma un discorso del presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi.
Il leader iraniano, assieme alla Guida suprema Ali Khamenei, è stato già duramente contestato in questi mesi dagli universitari, che continuano a protestare con sit-in mentre gli attivisti sui social promettono che presto arriverà "il giorno del giudizio della Repubblica islamica", denunciando limitazioni all'uso di Internet sempre più stringenti. Le imminenti impiccagioni per alcuni dei manifestanti arrestati annunciate dalla magistratura arrivano dopo che nei giorni scorsi Amnesty International aveva denunciato il rischio di condanna a morte per 28 manifestanti catturati, tra cui tre minorenni. Un timore accresciuto dai dati sulla pena capitale in Iran: secondo l'ong Iran Human Rights, con sede a Olso, dall'inizio dell'anno almeno 504 persone sono già state "giustiziate" per diversi reati. Il mondo della cultura ha sostenuto le dimostrazioni fin dall'inizio e almeno 40 persone impiegate nel cinema e nel teatro sono state arrestate mentre 150 hanno subito restrizioni, tra convocazioni o divieti a lasciare il Paese.
Per il momento resta poi ancora senza conferme ufficiali l'abolizione, annunciata da un magistrato, della polizia morale, lo stesso organo che aveva messo in custodia Mahsa Amini. Secondo molti osservatori, si tratterebbe solo di un ridispiegamento degli agenti in altre unità, che continuerebbero a reprimere quelle libertà di usi e costumi cui i giovani iraniani anelano. Dubbi sono stati espressi anche dal governo tedesco e dall'amministrazione Usa, secondo cui al momento "nulla indica" che il regime abbia intenzione di migliorare la condizione delle donne. "Vedremo se la scelta di sciogliere la polizia morale sia la verità, se fosse vero sarebbe un messaggio positivo, ma aspettiamo", è stato il commento prudente del ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha ribadito la condanna delle "violenze nei confronti delle donne e della popolazione civile".