'ndrangheta, pm: donna tra capi, prima volta in Lombardia
"È il braccio destro del boss Cristian Bandiera ed è ancora più spietata degli uomini", ha detto il magistrato Alessandra Cerreti. La polizia ha smantellato il clan di Rho, eseguendo 49 misure cautelari
'ndrangheta, a Milano la polizia esegue 49 misure cautelari
C'era una donna tra i capi dell'ndrangheta di Rho, anche "più spietata degli uomini". Lo ha detto il pm della Dda di Milano Alessandra Cerretti, spiegando che "è la prima volta che in Lombardia verifichiamo il ruolo operativo e organizzativo di una donna nei clan". Il pubblico ministero ha aggiunto che si tratta del "braccio destro di Cristian Bandiera, figlio di Gaetano, lo sostituisce in una serie di attività, ha sotto di sé due associati ai quali dà direttive".
Eseguite 49 misure cautelari, ruolo delle donne fondamentale nel clan - Il pm Cerreti, nel corso della conferenza stampa in Procura a Milano sull'operazione della Squadra mobile della polizia che ha eseguito 49 misure cautelari smantellando il 'ricostituito' clan Bandiera, ha evidenziato "il ruolo delle donne" nell'indagine. "Abbiamo 5 donne tra le arrestate e a una donna è stato contestato il ruolo di capo e promotore dell'associazione mafiosa".
"Ruolo riconosciuto di promotore e capo" - Cristian Bandiera, al centro dell'organizzazione, è appena finito agli arresti domiciliari, dopo aver scontato in carcere parte della condanna per l'indagine Infinito. La donna arrestata, suo braccio destro, "ha un ruolo fondamentale ed è ancora più spietata degli uomini", ha aggiunto il pm. Per la prima volta in un'inchiesta sui clan in Lombardia viene a galla "il ruolo operativo e organizzativo" di una donna, Caterina Giancotti, la quale avrebbe avuto "compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni da compiere - si legge nel capo di imputazione - e delle strategia da adottare". Per esempio, per l'accusa, avrebbe avuto "mansioni operative in relazione alle azioni estorsive ed intimidatorie", avrebbe partecipato alla "spartizione del proventi delle attività illecite", oppure "gestiva direttamente il traffico" di droga, per il quale era anche stata arrestata ai primi di marzo del 2021 in flagranza di reato. Pur non avendo partecipato a rituali di affiliazione", non è stata 'pungiuta', ha proseguito il pubblico ministero, secondo la ricostruzione, Giancotti avrebbe avuto nella 'locale di Rho', nel Milanese, "un ruolo riconosciuto di promotore e capo".
"Tutte le donne in carcere hanno compiti importanti all'interno dell'organizzazione" - Elemento nuovo anche perché la 'ndrangheta da sempre si è caratterizzata come "una struttura maschilista" ed è dunque raro vedere una donna ai vertici. "È il braccio destro di Cristian bandiera, figlio di Gaetano, - ha continuato il magistrato - lo sostituisce in una serie di attività, ha sotto di sé due associati ai quali impartisce direttive ed è più spietata degli uomini". Anche le altre donne finite in carcere, come emerge dall'indagine, hanno compiti "importanti" all'interno dell'organizzazione.
"La donna a capo dell'organizzazione è una lombarda doc" - "La donna che era braccio destro del boss Cristian Bandiera non era legata a lui sentimentalmente" ed "è una lombarda doc", hanno precisato Cerreti e il procuratore di Milano Marcello Viola, sottolineando che figure di questo tipo sono già state individuate in indagini analoghe in Calabria, ma "è la prima volta che emerge in Lombardia".
"Omertà a Rho era assoluta, nessuna vittima ha denunciato" - A Rho di fronte a minacce ed estorsioni della famiglia di 'ndrangheta Bandiera "l'omertà era assoluta - ha affermato ancora il pm Cerreti -. Nel corso delle indagini ci siamo imbattuti in una decina di episodi di estorsione e in almeno 5 episodi di minacce gravi, alcune solo perché le vittime avevano mancato di rispetto. Nessuno ha denunciato".
Boss intercettato: "legge del clan tornata a Rho" - "La legge è tornata, la 'ndrangheta è tornata a Rho". Sono le parole intercettate di Gaetano Bandiera, al vertice, assieme al figlio, della 'locale" di 'ndrangheta di Rho, nel Milanese. Parole pronunciate dopo aver espiato la condanna definitiva a lui inflitta nel maxi processo milanese seguito allo storico blitz 'Infinito' del 2010. La frase è stata riportata dal procuratore aggiunto della Dda di Milano Alessandra Dolci nella conferenza stampa indetta per illustrare l'operazione della Squadra mobile della polizia che ha eseguito 49 misure cautelari smantellando la cosca. Dolci ha spiegato che "negli ultimi anni si è parlato spesso di 'ndrangheta a vocazione imprenditoriale", ma "questo non ci deve far dimenticare l'esistenza di una mafia tradizionale". Questa indagine, ha proseguito, "smentisce l'ossimoro di mafia silente", anche perché, come ha sottolineato il procuratore aggiunto, le intimidazioni e l'attività estorsiva "a tappeto" sul territorio passavano anche per "teste di maiale e teste di capretto" e "minacce di morte".
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